Selecciona una palabra y presiona la tecla d para obtener su definición.
Anterior Indice Siguiente



  —[76]→     —[77]→  

ArribaAbajoEl otoño del patriarca

Il tempo eterno della dittatura


Nel 1975 Gabriel García Márquez pubblica un nuovo romanzo, El otoño del Patriarca290, libro più volte annunciato, a partire dal 1967, quando appare Cien años de soledad, dove pure il tema del potere, come si è visto, ha grande parte. Il tema ronzava da tempo, quindi, nella mente dello scrittore colombiano e numerose sono le dichiarazioni che riguardano il progetto.

La gestazione del libro occupa un periodo temporale abbastanza lungo, dal 1968 al 1975, se stiamo alle date apposte alla fine del testo; durante questo tempo Gabriel García Márquez rilasciò varie interviste, dando notizie non di rado contraddittorie circa il contenuto dell'opera, tanto che, tenendo conto anche del tempo che intanto trascorreva, alcuni erano giunti a pensare che il nuovo romanzo, come era stato il caso di Juan Rulfo dopo Pedro Páramo, non sarebbe più apparso.

Seguendo le dichiarazioni dello scrittore, la figura del dittatore sarebbe andata acquistando una sua originalità nell'ambito del romanzo latino-americano; egli si proponeva, infatti, di presentare un personaggio che esulasse dal cliché corrente del dittatore, facendone un individuo sperduto nella solitudine: giunto al potere, ancoratosi in esso per tempi secolari, si sarebbe visto condannato al vuoto del suo immenso palazzo e con il tempo sarebbe andato rimpiangendo, vicino alla moglie, il mare e il canto dei canarini che la sordità gli avrebbe impedito di udire.

In una intervista con Fernández Braso, del 1969, insieme alla preoccupazione legittima di mantenersi all'altezza di Cien años de soledad, lo scrittore affermava che il nuovo romanzo non avrebbe avuto nulla a che vedere con Macondo e che avrebbe trattato il tema del dispotismo, del dittatore al tramonto, «cuando la conciencia tiene telarañas y los insomnios y las pesadillas ensombrecen sus últimos coletazos de vida»291. E aggiungeva: «Escribo sobre la soledad del déspota.   —78→   La novela será una especie de monólogo del dictador antes de ser presentado al tribunal popular. El cabrón gobernó durante más de tres siglos»292.

L'intervistatore riferisce che García Márquez aveva confidato a Rubén Fuente di essere andato raccogliendo da parecchio tempo aneddoti e storie di dittatori e che ora avrebbe dovuto dimenticare tutto prima di incominciare a scrivere e non gli nascondeva la difficoltà di raggiungere lo scopo: «Será difícil crear el prototipo de este personaje mitológico y patológico de la historia latinoamericana»293. All'osservazione dell'interlocutore che sarebbe stato arduo inventare qualche cosa di mostruoso e di fantastico che non fosse stato già fatto da qualche dittatore ispanoamericano, lo scrittore rispondeva: «Supongo que a ninguno se le habrá ocurrido asar a su ministro de la guerra y servirlo enterito, en bandeja de plata, con uniforme y condecoraciones, en un banquete de gala al que hayan sido invitados los embajadores y los obispos»294.

Vari di questi particolari non sono presenti, alla fine, nel romanzo realizzato; la moglie del dittatore, ad esempio, è solo una comparsa nella vita secolare del personaggio, il quale neppure viene giudicato da a un tribunale popolare, e l'episodio del ministro arrostito e servito in tavola, pur presente nel testo -influenzato da La pelle, di Curzio Malaparte- non contempla né ambasciatori né vescovi. La materia era in gestazione e le anticipazioni dell'autore rispondevano certamente a progetti non ancora maturi, ma anche a propositi depistanti. Del resto, lo scrittore finirà per confessare l'inaffidabilità di molte delle sue dichiarazioni. Scrive infatti nelle sue memorie, a proprosito delle infinite interviste di cui si dichiara vittima:

La inmensa mayoría de las que no he podido evitar sobre cualquier tema deberán considerarse como parte importante de mis obras de ficción, porque sólo son eso: fantasías sobre mi vida. En cambio, las considero invaluables, no para publicar, sino como material de base para el reportaje, que aprecio como el género estelar del mejor oficio del mundo295.



Ciò che risponde invece alle intenzioni di García Márquez è la figura del dittatore, la sua caratterizzazione inedita, resa da uno stile che, distaccandosi dalle forme affermatesi in precedenza, conferma l'originalità e il vigore dell'autore di Cien años de soledad. Si tratta di un tipo di scrittura nuovo, che si fonda su periodi di eccezionale estensione, a volte intere pagine, prive di punti finali, in cui si mescolano senza soluzione di continuità la voce narrante, uno dei ritrovatori   —79→   del cadavere del despota, quelle dei vari protagonisti, attivi e passivi, della dittatura, fondendo la prima persona del dittatore, dialogante o monologante, con quella dei numerosi individui coinvolti nella narrazione, in una confusione apparente di grande efficacia ai fini di sottolineare il clima determinato dal potere.

Il romanzo, di 271 pagine nell'edizione originale, presenta sei capitoli non dichiarati, di vasta estensione, ognuno dei quali inizia facendo riferimento al momento in cui, alla fine di un'età infinita, si scopre il corpo morto del Patriarca, per ricostruire, ora con immersioni nel passato, ora in ordinata cronologia, per esempi essenziali, la vita di colui che per un tempo incontabile esercitò il dominio assoluto sul paese.

Il primo capitolo immette nell'atmosfera attonita e incredula della scoperta di una morte che ormai più si attendeva, alla fine di una settimana di un anno vicino al momento attuale -lo apprendiamo dall'allusione alla televisione e alle trasformazioni edilizie della capitale-, non denunciato; la introduce un clima «agorero», dominato dal volo dei «gallinazos», che entrano ed escono liberamente dalla residenza presidenziale, della quale hanno infranto i vetri. Su tutto domina, fin dalle prime pagine, un'atmosfera cupamente magica, resa dalla solitaria grandezza della casa presidenziale, nella quale regna un tempo «estancado», difesa da grosse mura e da un portone blindato che tuttavia cede alla pressione di coloro che, timidi e timorosi, si apprestano a indagare il mistero: «la puerta central pareció abrirse al solo impulso de la voz»296, come per effetto d'incantesimo. Scrive García Márquez: «bastó que alguien los empujara para que cedieran en sus goznes los portones blindados que en los tiempos heroicos de la casa habían resistido a las lombardas de William Dampier»297.

Con queste note il clima favoloso è già creato, ma si accresce ulteriormente in dimensione temporale con il riferimento al noto bucaniere Dampier298 e con la sottolineatura dell'atmosfera antica che regna nel palazzo: «Fue como penetrar en el ámbito de otra época, porque el aire era más tenue en los pozos de escombros de la vasta guarida del poder, y el silencio era más antiguo, y las cosas eran arduamente visibles en la luz decrépita»299.

Nelle grandi stanze della casona vi è un viavai sconcertante di animali; i visitatori clandestini entrano, infatti, in sale dove «andaban las vacas impávidas comiéndose las cortinas de terciopelo y mordisqueando el raso de los sillones»300, e finalmente s'imbattono nel corpo riverso del dittatore. Riferisce la voce narrante:

  —80→  

y allí lo vimos a él, con el uniforme de lienzo sin insignias, las polainas, la espuela de oro en el talón izquierdo, más viejo que todos los hombres y todos los animales viejos de la tierra y del mar, y estaba tirado al suelo, bocabajo, con el brazo derecho doblado bajo la cabeza para que le sirviera de almohada, como había dormido noche tras noche durante todas las noches de su larguísima vida de déspota solitario301.



Il problema che subito pone il ritrovamento del cadavere è quello della sua reale identità. Si crea, quindi, un'atmosfera di suspense che fa da collante ai sei capitoli, mentre, nel dubbio, non risolto che alla fine, lo scrittore ricostruisce la vita del potente illustrandone le opere.

L'incertezza intorno alla morte del Patriarca è accresciuta dapprima dal ricordo di una sua precedente finta morte, messa in scena in epoca imprecisabile. Per la verità non era stata che la morte del suo «doppio», Patricio Aragonés302, del quale il dittatore si era valso in vita per esercitare una presenza ubicua, e in morte per eliminare quanti avevano esultato per l'evento, facendo strage del cadavere per le strade, quindi per prolungare il suo «reino de pesadumbre»303. Ma con le medesime manifestazioni di giubilo con cui era stata accolta la notizia della sua morte, fu festeggiata immediatamente, trionfo dell'opportunismo frutto del regime, la sua ricomparsa:

entraban por las ventanas las mismas músicas de gloria, los mismos petardos de alborozo que habían empezado celebrando su muerte y continuaban celebrando su inmortalidad, y había una manifestación permanente en la Plaza de Armas con gritos de adhesión eterna y grandes letreros de Dios guarde al magnífico que resuscitó al tercer día entre los muertos304.



L'aggettivazione qualifica il clima della dittatura, governato da «aduladores impávidos», i quali non si fanno scrupolo di avvicinare il Patriarca a Gesù e di proclamarlo addirittura superiore al Creatore, in quanto «corregidor de los terremotos, los eclipses, los años bisiestos y otros errores de Dios»305.

La natura aberrante del regime è efficacemente denunciata nell'allucinante irrealtà che configura un tempo eterno del potere. Con fervida fantasia García Márquez mescola reale e irreale, confonde i dati temporali, accavalla avvenimenti storici, ottenendo una dimensione senza misura possibile. Il dittatore, infatti, da tempo immemorabile, governa il paese «como si se supiera predestinado a no morirse jamás»306, una nazione in parte di fantasia, in parte identificabile con la   —81→   Colombia, situata in un ambito vagamente caraibico, aperta al panorama delle isole «alucinadas» e delle città delle Antille. Dall'alto del palazzo dei dittatori spodestati, che il Patriarca accoglie nel suo regno più che per misericordia per sorvegliarli e impedir loro di contaminare il mondo «con la peste de su indignidad»307, egli stesso aveva visto le località fantastiche dei Caraibi nella «gran vitrina del mar»308: la Martinica, Paramaribo, Tanaguarena, La Guayra, Trinidad, Haití, Curaçao, Cartagena de Indias, «el universo completo de las Antillas desde Barbados hasta Veracruz», un mondo meraviglioso, un «reguero de islas lunáticas como caimanes dormidos en el estanque del mar»309.

Da questo panorama magico lo scrittore prende le mosse per un'ulteriore dimensione del tempo; di fronte allo spettacolo che gli si offre il dittatore ricorda il momento in cui fu sorpreso da uno strano berretto rosso che a palazzo tutti improvvisamente presero a portare e lo avvertirono che nel paese era arrivata della gente stranamente vestita, che «parloteaba en lengua ladina pues no decían el mar sino la mar y llamaban papagayos a las guacamayas, almadía a los cayucos y azagayas a los arpones»310. Il tempo retrocede così di secoli; siamo infatti alla scoperta dell'America, all'arrivo di Colombo e della sua gente. Il lettore è sorpreso e affascinato al tempo stesso dal gioco fantastico, si sente introdotto in un mondo irrazionale e affascinante, eliminati i confini tra passato e presente, un mondo che García Márquez costruisce evocando episodi arcinoti, ma visti non più dalla parte degli europei, bensì da quella degli americani, in una prospettiva grottesca. E' il caso del noto scambio di doni di cui riferisce Colombo nel suo Diario311; gli uomini del Patriarca lo informano dello strano procedere dei nuovi venuti:

Nos cambiaban todo lo que teníamos por estos bonetes colorados y estas sartas de pepitas de vidrio que nos colgábamos en el pescuezo por hacerles gracia, y también por estas sonajas de latón de las que valen un maravedí y por bacinetas y espejuelos y otras mercerías de Flandes, de las más baratas mi general [...]»312.



Anche la sorpresa degli uomini di Colombo davanti agli indigeni è parodiata efficacemente: «hasta querían cambiar a uno de nosotros por un jubón de terciopelo para mostrarnos en las Europas, imagínese usted mi general, que despelote, [...]»313. Al fine di rendere più credibile la dimensione temporale favolosa,   —82→   Gabriel García Márquez intercala abilmente nella relazione dell'avvenimento passi tratti dal Diario dello Scopritore -li sottolineo in corsivo-, pervenendo a risultati notevoli nella denuncia della dismisura della dittatura, male che ritiene da sempre radicato in America, e il momento della scoperta è da lui rielaborato derivandolo verso la comicità:

Mirad qué bien hechos, de muy fermosos cuerpos y muy buenas caras, y los cabellos gruesos y casi como sedas de caballo, y habiendo visto que estábamos pintados para no despellejarnos con el sol se alborotaron como cotorras mojadas gritando que mirad que dellos se pintan de prieto, y dellos son de la color de los canarios, ni blancos ni negros, y dellos de lo que haya, y nosotros no entendíamos por qué carajo nos hacían tanta burla mi general si estábamos tan naturales como nuestras madres nos parieron y en cambio ellos estaban vestidos como la sota de bastos a pesar del calor, que ellos dicen la calor como los contrabandistas holandeses, y tienen el pelo arreglado como mujeres aunque todos son hombres, que dellas no vimos ninguna, y pintaban que no entendíamos en lengua de cristianos cuando eran ellos los que no entendían lo que gritábamos [...]314.



Come si vede, i riporti dal Diario colombiano sono solo minimamente inesatti315; ciò che conta, è l'effetto, la dimensione allucinante che acquista la durata della dittatura: dalla scoperta alla guerra dei contrabbandieri, ai tempi aurei dei vicereami spagnoli in America, a quelli vagamente presenti in cui gli abitanti, stupiti, relazionano il dittatore sulla comparsa di questa gente strana. La dimensione iperbolica temporale è ottenuta dallo scrittore ricorrendo anche a tutta una serie di elementi diversi: il Patriarca è presentato come un «presidente eterno»316; la vecchia pitonessa, che egli consulta in età ancora verde, gli predice una morte nel sonno e senza dolore, a un'età indefinita: non doveva avvenire prima che compisse la sua stessa età, «que eran los 107 años, pero tampoco después de 125 años más»317. In precedenza, di fronte alla scoparsa di Manuela Sánchez, una «reina de la belleza de los pobres»318, della quale il dittatore si era innamorato perdutamente in età ormai di «anciano canicular»319, leggiamo che mai più l'avrebbe ritrovata nel resto dei suoi «larguísimos» anni di potere e quindi si abbandona all'arbitrio della morte, cosciente di essere condannato senza scampo a non morire d'amore320, per aver letto, una sera «de los   —83→   principios de su imperio», in cui era ricorso a una pitonessa, le «claves» del suo destino: che la sua morte sarebbe avvenuta a un'età indefinita, «entre los 107 y los 232 años»321. Età di per sé favolosa e tuttavia ulteriormente ampliata attraverso tutta una serie di ricorsi iperbolici, come le credenze popolari, usate parodicamente -«se dijo en un tiempo que había seguido creciendo hasta los cien años y que a los ciento cincuenta había tenido una tercera dentición»322-, l'allusione alle sue non comuni capacità di procreatore -«Se estimaba que en el transcurso de su vida debió tener más de cinco mil hijos, todos sietemesinos, con las incontables amantes sin amor que se sucedieron en su serrallo hasta que él estuvo en condiciones de complacerse con ellas»323-, il riferimento al ciclone, all'apparizione della cometa, una delle «grandes fechas de su desilusión»324 per il paese, in quanto si era divulgata la credenza che la vita del despota non fosse sottoposta alle norme del tempo umano, ma ai cicli della cometa, e che egli fosse stato concepito per vederla una sola volta nella sua vita, così che si sperava in un «acontecimiento providencial»325: la sua morte326. Ma il Patriarca vedrà passare la cometa per la seconda volta, tra il terrore superstizioso delle genti, costretto a constatare il limite della sua natura umana:

Sintió en el horizonte los tambores de conjuro que salían al encuentro del desastre, escuchó lamentos lejanos, los rumores de limo volcánico de las muchedumbres que se prosternaban de terror ante una criatura ajena a su poder que había precedido y había de trascender los años de su edad, sintió el peso del tiempo, padeció por un instante la desdicha de ser mortal [...]327.



La dimensione infinita del tempo è resa anche dalla lunga serie di ambasciatori, inglesi, tedeschi, soprattutto statunitensi, ventidue per l'esattezza, che si succedono durante il regno del Patriarca, in un rapido e significativo avvicendarsi quando la crisi nel paese si accentua, terminando con l'asportazione del mare patrio da parte dei gringos, stigmatizzazione della prepotente presenza statunitense nell'America Latina.

Al disopra della dimensione temporale leggendaria si affermano alcuni dati identificabili nella realtà concreta, quali l'avvento del grammofono, della radio e della televisione, la menzione di una remota visita del «conocido poeta Rubén   —84→   Darío», ormai «olvidado» quando ha inizio il romanzo. Egli giunge in porto poco dopo la fine di un furioso nubifragio ed è l'unico poeta che riesca a comunicare al rozzo dittatore, con i suoi versi, un brivido di emozione, a farlo riflettere, sia pure in modo grossolano, sul mistero dell'arte:

cómo es posible que este indio pueda escribir una cosa tan bella con la misma mano con que se limpia el culo, se decía, tan exaltado por la revelación de la belleza escrita que arrastraba sus grandes patas de elefante cautivo al compás de los golpes marciales de los timbaleros, se adormilaba al ritmo de las voces de gloria del canto sacro del cálido coro que Leticia Nazareno recitaba para él a la sombra de los arcos triunfales de la ceiba del patio [...]328.



Come per il Diario di Colombo, García Márquez ricorre all'intertestualità, introduce nel suo discorso versi del poeta nicaraguense, identificabili non solo nel «canto sonoro del cálido coro», versi 17 e 18 della «Marcha Triunfal» di Cantos de vida y esperanza, presenti nel brano citato, ma nel «trueno de oro de los claros clarines», parte rispettivamente dei versi 19 -«trueno de oro»- e 16 -«claros clarines»- dello stesso poema, ne «los negros mastines de presa los fuertes caballos de guerra los cascos de hierro las picas y lanzas de los paladines de rudos penachos que llevan cautiva la extraña bandera»329, dove lo scrittore imita efficacemente il ritmo dariano della «Marcha», combinando liberamente parti del testo poetico: «los negros mastines» appartiene, infatti, al verso 26 del poema di Darío, «los fuertes caballos de guerra» è parte del verso 10, i «cascos» sono del verso 11, «las picas y lanzas de los paladines de rudos penachos» è rimaneggiamento del verso 23 -«los rudos penachos, la pica, la lanza»-, il passo «que llevan cautiva la extraña bandera» si rifà al verso 42: «Honor al que trae cautiva la extraña bandera». E ancora, dove nel romanzo si parla di «tropa de jóvenes fieros que habían desafiado los soles del rojo verano las nieves y vientos del gélido invierno la noche y la escarcha y el odio y la muerte»330, partendo da «jóvenes fieros», preso dal verso 56 del poema citato, «desafiado» rimanda al verso 58 seguito per intero dai versi 59, «los soles del rojo verano», 60, «la nieves y vientos del gélido invierono», 61, «la noche y la escarcha», per concludere con parte del verso 62, «y el odio y la muerte»331.

Dalla famosa «Sonatina» di Prosas Profanas332 è invece tratta l'allusione al «feliz caballero que llegaba de lejos vencedor de la muerte»333, fusione e rimaneggiamento   —85→   minimo dei versi 46 e 47 del poema: «el feliz caballero» è, infatti, parte del verso 46, mentre il resto del periodo, salvo la modifica del tempo verbale, «llegaba» in luogo di «llega», appartiene per intero al verso 47. Vistoso omaggio, nel ricorso intertestuale, al poeta certamente più amato da García Márquez.

Ci si spiega come Darío sia venerato anche dall'incolto Patriarca, che lo ricorda in uno dei bigliettini che in epoca tardissima della sua vita va disseminando nei vari nascondigli di palazzo, alla vigilia del rimbambimento, al fine di ricordare le cose. Espediente che richiama quello in cui, in Cien años de soledad, vengono segnati i nomi degli oggetti e degli animali dopo il grande oblio, con la differenza che nel caso del decrepito dittatore egli scrive le cose «para estar seguro de no olvidarlas nunca»334, quindi anche il nome dell' «insigne poeta», al quale augura che Dio lo tenga «en la silla más alta de su santo reino»335.

Ricorrendo all'intertestualità García Márquez esercita un forte richiamo sul lettore, naturalmente se conoscitore della letteratura ispanoamericana, alla quale i riferimenti sono numerosi, disseminati abilmente nel romanzo. Così, ad esempio, Patricio Aragonés nella sua confessione d'amore afferma della ragazza che «ésta es de las que saben de dónde son los cantantes»336, espressione che richiama il romanzo del cubano Severo Sarduy dallo stesso titolo, mentre quando al dittatore viene riferita la voce che Manuela Sánchez, fuggita durante l'eclisse per sottrarsi al suo assedio di innamorato anziano, è stata vista in più luoghi, tra essi «en la parranda del velorio de Papá Montero, zumba, canalla, rumbero»337, è richiamato il poema del cubano Nicolás Guillén, «Velorio de Papá Montero», incluso in Sóngoro Cosongo338, e di esso un verso, il 29: «zumba, canalla, rumbero». Di nuovo, allorché lo scrittore allude ai «nueve obispos de pontifical» che cantano «oficios de tinieblas»339 per la madre defunta del Patriarca, Bendición Alvarado, appare probabile l'allusione al racconto di Alejo Carpentier, «Oficio de tinieblas», pubblicato nel 1944 in Orígenes.

Anche il ricorso al richiamo storico serve a García Márquez per accentuare il contrasto tra l'attualità e il tempo eterno della dittatura, confermato non solo dalla data di morte della madre del presidente, sospesa in un anno indecifrabile -«había muerto en aquella madrugada del lunes veintitrés de febrero y un nuevo siglo de confusión y escándalo empezaba en el mundo»340- ma dalla peregrinazione grottesca imposta al suo cadavere «por esos peladeros de aserrín   —86→   y miseria», portato in processione solenne fino ai confini «menos explorados» del regno, «para que nadie se quedara sin el privilegio de honrar su memoria»341: l'episodio richiama il remotissimo precedente di Giovanna la Pazza che per mesi portò in processione il cadavere dello sposo, Filippo il Bello, per le desolate e infuocate plaghe della Vecchia Castiglia.

Sono tutti elementi che contribuiscono fondamentalmente a definire il tempo, la figura e la mentalità del Patriarca, un individuo che, dopo i primi anni del suo arrivo al potere, epoca della «gloria grande», quando interveniva demagogicamente a raddrizzare i torti, con altrettanti arbitri, nessuno aveva mai più veduto. Affermava Miguel Ángel Asturias342 che proprio questo occultarsi del dittatore contribuiva grandemente all'affermazione del suo potere, dandogli una categoria mitica. García Márquez, descrivendo il Patriarca, adotta lo stesso metodo, ma, lungi dalla tenebrosità misteriosa del Señor Presidente, affonda il suo personaggio in uno humor grottesco. Infatti, il despota finisce per credersi onnipotente come Dio; gli adulatori «impávidos», come si è detto, lo proclamano «corregidor de los terremotos, los eclipses, los años bisiestos y otros errores de Dios»343, l' «unico»344, l' «eterno»345; i cartelloni inalberati a ogni minima occasione nella Plaza de Armas, lo esaltano con scritte di benvenuto all'uomo «que está sentado a la diestra de la Santísima Trinidad»346, di «gloria eterna al magnífico que reparte la felicidad»347. Nel suo palazzo è circondato da malati e lebbrosi che da lui si attendono di essere risanati; da lui che è l'incarnazione della «majestad de la patria»348, padre di un figlio che l'unica moglie legittima pretende di chiamare «Emanuel», nome con cui «los otros dioses conocen a Dios»349. Dotato di poteri divini, il Patriarca, come Gesù, calma gli elementi in occasione di uno spaventoso ciclone, restituisce la vita, particolare grottesco, alle galline affogate, ed è celebrato nei testi ufficiali come un essere soprannaturale350.

  —87→  

Ma le origini del potente sono oscure: sconosciuto il padre, di estrazione incerta la madre; benché i testi ufficiali del regime avvicinino la sua concezione a quella di Gesù da parte della Vergine: la madre avrebbe compiuto «el prodigio de haberlo concebido sin concurso de varón y haber recibido en sueño las claves herméticas de su destino mesiánico»351, quando nella realtà «lo había parido mal en un amanecer de agosto en el zaguán de un monasterio»352.

Anche il Presidente di Asturias aveva avuto un'origine simile. Nessun dittatore ha, nel romanzo ispanoamericano, origini limpide, e quasi sempre si tratta di uomini poco colti -eccezione Estrada Cabrera- o addirittura di analfabeti; è il caso del Patriarca, che agli inizi della sua ascesa firma con l'orma del pollice e nell'età più che matura è alfabetizzato dalla moglie, e si entusiasma ripetendo le parole del sillabario. Lo scrittore distrugge il personaggio in modo efficace, presentandolo a livello infantile:

Cantaba con toda el alma el tilo en la tuna el lilo en la tina el bonete nítido, cantaba sin oírse ni que nadie lo oyera entre la bulla de los pájaros alborotados de la madre muerta que el indio envasa la untura en la lata, papá coloca el tabaco en la pipa, Cecilia vende cera cerveza cebada cebolla cerezas cecina y tocino, Cecilia vende todo, reía, repitiendo en el fragor de las chicharras la lección de leer que Leticia Nazareno cantaba al compás de su metrónomo de novicia [...]353.



Il potere sta, quindi, nelle mani di un essere completamente rincitrullito, e che a suo tempo lo aveva ottenuto vendendo il paese ai gringos. Un uomo meschino che negli ultimi anni della vita soddisfa il suo erotismo di «seductor sepulcral»354 con puttane vestite da collegiali, che il servizio presidenziale di sanità gli pone sulla strada, per dargli l'illusione della conquista. Quando meno se lo aspetta, il vecchio sente la chiamata dalla morte, proprio nel tempo in cui, ormai troppo tardi, incominciava ad apprendere «que hasta las vidas más dilatadas y útiles no alcanzan para nada más que aprender a vivir»355. Filosofia demolitrice delle ambizioni umane. García Márquez presenta il despota nel suo momento finale, quadro che in qualche modo richiama le inquietanti rappresentazioni d'ultima ora di Valdés Leal:

Volando entre el rumor oscuro de las últimas hojas heladas de su otoño hacia la patria de tinieblas de la verdad del olvido, agarrado de miedo a los trapos de hilachas   —88→   podridas del balandrán de la muerte y ajeno a los clamores de las muchedumbres frenéticas que se echaban a las calles cantando los himnos de júbilo de la noticia jubilosa de su muerte y ajeno para siempre jamás a la música de liberación y los cohetes de gozo y las campanas de gloria que anunciaron al mundo la buena nueva de que el tiempo incontable de la eternidad había por fin terminado356.



Ogni potere assoluto, per quanto breve il suo esercizio, rappresenta per gli oppressi un tempo eterno. Questo ha voluto certamente significare Gabriel García Márquez con El otoño del Patriarca e soprattutto che nessuno può opporsial proprio destino mortale, neppure chi sembra nella vita onnipotente. Pagina che avrebbe potuto firmare lo stesso Quevedo. Con questo romanzo lo scrittore colombiano si inserisce originalmente nella corrente di denuncia della dittatura, fiorente nella narrativa ispanoamericana del Novecento357.



  —[89]→  

ArribaAbajoCrónica de una muerte anunciada

La vita come fatalità


Sei anni dopo l'apparizione de El otoño del Patriarca, nel 1981, Gabriel García Márquez pubblica un nuovo romanzo, meno esteso del precedente, Crónica de una muerte anunciada, libro destinato ad avere enorme diffusione e ad essere portato anche sullo schermo, in un film di Francesco Rosi, nel 1987.

Anche per Crónica de una muerte anunciada varie sono state le dichiarazioni dell'autore, prima e dopo l'apparizione del romanzo, la cui pubblicazione veniva a smentire le intenzioni rese pubbliche in precedenza da García Márquez il quale, colpito dalla situazione politica americana, aveva dichiarato di voler abbandonare la «ficción» per dedicarsi a un'attività impegnata politicamente. Il che avvenne, in realtà, e molti furono gli interventi di mediazione dello scrittore in Colombia, nel settore della lotta tra governo e narcotrafficanti, e fuori del paese, quanto a contatti con personaggi politici, presidenti «forti» di taluni paesi centroamericani, come quello di Panamá e in particolare con il cubano Fidel Castro, del quale lo scrittore colombiano fu, e continua ad essere, amico ed estimatore358.

Un'attività politica che determinò per García Márquez situazioni difficili e in qualche caso realmente pericolose, tanto che nel 1981 si vide costretto a rifugiarsi nell'Ambasciata del Messico, a Bogotà, quindi a stabilirsi nella capitale messicana. In un'intervista dell'epoca a Enzo Biagi lo scrittore spiega a suo modo la cosa: «Sono partito per dare un alt alla Colombia. Non sono partito perché c'era un pericolo vero per me, ma per fare un alt. Loro hanno l'esercito, io la penna. Dovevo fare un gesto spettacolare perché capissero che c'è qualcosa che non si deve e non si può toccare [...]»359.

  —90→  

La polemica era nei riguardi del governo conservatore colombiano, nel clima di una repressione che non ebbe ragione della parte rivoluzionaria, né della violenza scatenata dai narcotrafficanti del cartello di Medellín.

La situazione del paese stava, e sta, certamente a cuore a Gabriel García Márquez, ma non pochi denunciarono la sua ambizione interventista in campo politico, e ancora oggi certe incomprensibili a durature dimestichezze con uomini di potere di più che discutibile democraticità, ai quali non cessa di portare appoggio e di cui vanta privilegiata frequentazione, lascia perplessi.

Per limitarci al campo della creazione artistica, il nuovo romanzo, Crónica de una muerte anunciada, non fece che rinnovare il successo di Cien años de soledad, che rimane il libro più celebrato dello scrittore colombiano, mentre El otoño del Patriarca ha visto un più limitato favore di critica e di pubblico. Il motivo del successo del nuovo romanzo stava nella drammaticità del fatto narrato che, come in Cien años de soledad, era dato a conoscere fin dalle prime righe: «El día que lo iban a matar, Santiago Nasar se levantó a las 5.30 de la mañana para esperar el buque en que llegaba el obispo»360. Evento mantenuto in sospeso nella sua realizzazione finale per ben due terzi del libro.

La struttura del romanzo è quella di un «sumario» di polizia, ma in più il narratore si dichiara implicato nel fatto criminale, in quanto apprende dell'assassinato e quindi è intenzionato a scoprire i motivi del delitto, come e perché un evento reso così pubblicamente noto in anticipo dalle dichiarate intenzioni dei futuri assassini abbia potuto aver luogo. Il problema centrale è: perchè nessuno intervenne, se tutti sapevano?

La prima parte del romanzo va presentando, attraverso la voce narrante, le diverse opinioni, le testimonianze di coloro, non di rado personaggi reali, che in qualche modo furono presenti al fatto criminale o ne ebbero notizia diretta, desunte dal rapporto della polizia. Confessa García Márquez che per evitare guai si avvalse della consulenza di un avvocato361 e che il tema lo stava ossessionando da anni, ma che non lo aveva mai affrontato prima, in seguito all'insistenza di sua madre perché non lo facesse finché era in vita la madre dell'ucciso. Richiesto di chiarire quale parte aveva avuto l'inchiesta nel suo lavoro, lo scrittore rispondeva che veniva utilizzata «come una tecnica letteraria», onde «far credere che si torna sul luogo del delitto ventisei o ventisette anni dopo, per capire cosa è successo», e chiariva: «Io però in realtà non sono andato sul luogo, ho solo fatto cercare il dossier dell'istruttoria. Ho offerto prima cinquemila, poi diecimila e infine ventimila pesos a chi lo trovava. Ma era proprio sparito. Allora   —91→   ho immaginato degli atti giudiziari»362. Ulteriormente richiesto se il lavoro era stato difficile, rispondeva:

No, conoscevo bene il luogo e molti personaggi erano amici miei. Anzi, è successa una cosa molto strana. Questo doveva essere in realtà il mio primo libro. Avevo in mente di scriverlo trent'anni fa, nel 1951, quando non avevo ancora scritto nessun romanzo. Facevo il giornalista a Barranquilla e avevo dovuto occuparmi professionalmente di questo delitto. Era stato ucciso un uomo, mentre tutto il villaggio già sapeva che doveva morire. La vittima era stata pugnalata mentre rientrava a casa propria, contro il portone, che la madre aveva chiuso. Era incredibile: un uomo ricco, importante, abbattuto da due macellai. A quel tempo, mia madre m'aveva chiesto di non scrivere niente, perché sarebbe stato pregiudizievole per la madre della vittima, che evidentemente doveva rimproverarsi di aver chiuso la porta. E così avevo promesso a mia madre di non scrivere nulla, finché quella donna fosse stata viva. Cinque anni fa, ho saputo che era morta. E così ho cominciato a pensare al libro363.



Questa sembrerebbe la nuda verità, ma naturalmente lo scrittore interviene originalmente su di essa. Nell'ultima parte del romanzo la stessa voce narrante, ripetendo il procedimento iniziale, informa iperbolicamente, e con contorni di leggenda, che tra «más de un siglo de expedientes» che «estaban amontonados en el suelo del decrépito edificio colonial que fuera por dos días el cuartel general de Francis Drake»364, al pianterreno, soggetto a inondazioni, per caso, «al cabo de cinco años de búsqueda», l'autore poté «rescatar» circa «322 pliegos salteados de los más de 500 que debió de tener el sumario»365.

Il procedimento di García Márquez è interessante: al manoscritto ritrovato, di antica memoria, è sostituito un rapporto giudiziario, con tutta la serie di deposizioni, che tuttavia rimangono parziali, in quanto il «sumario» si presenta forzatamente incompleto e neppure vi compare il nome del giudice incaricato del processo, ma la cui presenza appare ben viva nell'atto ufficiale, per i commenti a margine, ben lontani dalla natura professionale. L'atmosfera vaga di tutto il romanzo, che si costruisce sui dati riferiti, voci attinte, situazioni «fatali» nella loro possibilità di morte -tra esse quella tragica della madre della vittima predestinata che, si direbbe presa da uno strano, e fatale, stordimento, chiude il portone di casa nel momento stesso in cui il figlio, inseguito dagli assassini, sta per trovarvi rifugio- è perfettamente costruita e si mantiene per tutto il libro.

  —92→  

Un tour de force da grande maestro, centrato su un unico motivo, in apparenza di poca importanza, la minaccia di morte, reso invece ossessivo attraverso le molteplici avvisaglie e alla fine pesantemente reale. Come nel caso del colonnello Aureliano Buendía, che sappiamo, in apertura di Cien años de soledad, si troverà un giorno davanti al plotone d'esecuzione, sapere che Santiago Nasar sarà effettivamente ucciso, lungi dal togliere suspense al romanzo, lo carica di possibili vie di salvezza che solo la fatalità impedisce si realizzino e lo immette in un'atmosfera drammatica dominata dalla morte, atmosfera alla quale lo scrittore sempre richiama, come per ricordare al lettore l'estrema precarietà dell'esistere. Non ha torto il Samper Pizano nell'affermare che «muerte y sueño» non sono casuali nel romanzo e che anche questo testo è mosso dagli stessi «hilos trágicos» dei romanzi che lo precedono e di quasi tutti i racconti di García Márquez366.

Il dramma è un caso d'onore, di consolidata presenza nella letteratura, e in ambito ispanico soprattutto tema del teatro calderoniano, ma in Crónica de una muerte anunciada viene in un certo modo modernizzato, con la constatazione, da parte del marito, l'elegante, bello e ricco Bayardo San Román -non per nulla «Bayardo», come il cavaliere del poema ariostesco- nelle prima notte di nozze, che la moglie non è vergine, quindi la restituzione della donna alla madre, senza alcun fatto si dangue:

Bayardo San Román no entró, sino que empujó con suavidad a su esposa hacia el interior de la casa, sin decir una palabra. Después besó a Pura Vicario en la mejilla y le habló con una voz de muy hondo desaliento pero con mucha ternura.

-Gracias por todo, madre -le dijo-. Usted es una santa367.



Unici segni del dramma, i vestiti stracciati della giovane donna e una strana luce verde in cui appare lo sposo burlato. Implicando una volta di più, attraverso la famiglia, se stesso, García Márquez riferisce le parole che Pura Vicario, madre della sposa, disse alla sua stessa madre:

Le contó que había abierto la puerta sin encender la luz para no despertar a nadie, y vio a Bayardo San Román en el resplandor del farol público, con la camisa de seda sin abotonar y los pantalones de fantasía sostenidos con tirantes elásticos. Tenía ese color verde de los sueños, le dijo Pura Vicario a mi madre. Ángela Vicario estaba en la sombra, de modo que sólo la vio cuando Bayardo San Román la agarró por el brazo y la puso en la luz. Llevaba el traje de raso en piltrafas y estaba envuelta con una toalla hasta la cintura368.



  —93→  

Con la facilità con cui per i personaggi di García Márquez la realtà si confonde con il sogno, Pura Vicario «creyó que se habían desbarrancado con el automóvil y estaban muertos en el fondo del precipicio»369, perciò li suplica di parlare, «si todavía son de este mundo»370.

Da questa vicenda in cui entra in gioco l'onore della famiglia, i due fratelli di Ángela decidono di riscattarlo attraverso l'uccisione dell'autore dell'affronto, mentre la donna disonorata, sotto le percosse della madre, prova solo un grande desiderio, che tutto finisca presto, per poter finalmente dormire; forse proprio per questo fa il primo nome che le viene in mente: Santiago Nasar.

Senza bisogno di scomodare Lope de Vega, né Calderón o, in tempi a noi più vicini, Pirandello, sappiamo bene che i drammi dell'onore, anche a livello comune, sono quelli che più interessano al pubblico. Al riguardo, García Márquez fa invece nel romanzo alcune affermazioni che contrastano con il prurito della curiosità corrente, tra esse che «los asuntos de honor son estancos sagrados a los cuales sólo tienen acceso los dueños del drama», e che l'onore «es el amor»371, non un sentimento avulso da esso.

In effetti, l'ambito riservato di quanto è accaduto ad Ángela Vicario non viene violato dal narratore, che si aggira ansioso tra indizi apparenti senza mai raggiungere la certezza. A poco a poco il lettore si convince che il povero Santiago Nasar è stato vittima del destino, ma che, pur gagliardo, ricco e donnaiolo di successo, non fu il vero colpevole dell'atto criminoso. Con crudeltà forse incosciente, la ripudiata continuerà invece a indicarlo come tale, forse per vendicarsi della sua disattenzione nei suoi riguardi. A distanza di ventitè anni dal fatto, il narratore-protagonista fingerà di averla ritrovata e di essere riuscito a interrogarla, ricevendo sempre la stessa risposta accusatoria. La donna inviterà il «cugino» a non proseguire nella sua ricerca: «-Ya no le des más vueltas, primo -me dijo-. Fue él»372.

Questo dovrebbe porre la parola fine anche al romanzo, ma García Márquez, com'è naurale e motivo del romanzo, non si rassegna. Varie sono le tentazioni tematiche per uno scrittore del suo stampo: quella, ad esempio, del lavorio del tempo e della misera sorte della donna:

Mucho después, en una época incierta en que trataba de entender algo de mí mismo vendiendo enciclopedias y libros de medicina por los pueblos de la Guajira, me llegué por casualidad hasta aquel moridero de indios. En la ventana de una casa frente al mar, bordando a máquina en la hora de más calor, había una mujer de medio luto con antiparras de alambre y canas amarillas, y sobre su cabeza estaba   —94→   colgada una jaula con un canario que no paraba de cantar. Al verla así, dentro del marco idílico de la ventana, no quise creer que aquella mujer fuera la que yo creía, porque me resistía a admitir que la vida terminara por parecerse tanto a la mala literatura. Pero era ella: Ángela Vicario 23 años después del drama373.



L'implicazione autobiografica del narratore, che realmente, se stiamo alle sue varie dichiarazioni, esercitò alle origini anche la professione di venditore di libri porta a porta, dà credibilità al testo, afferma in modo convincente la veridicità di quanto il romanzo propone al lettore, veridicità sulla quale García Márquez può liberamente sbizzarrirsi con fantasia creativa.

Tra i numerosissimi articoli di cui un tempo lo scrittore colombiano, giunto alla fama, ha inondato i giornali, poi raccolti nel volume dal titolo Notas de prensa 1980-84, due si riferiscono al romanzo di cui tratto e presentano particolare interesse374. Nel primo, «El cuento del cuento», il casuale incontro con Ángela Vicario è descritto con le medesime parole del romanzo375 e non vi è motivo per non credere a quanto l'autore dice, anche se nel lettore persiste un fondo di diffidenza circa la realtà vera di quanto lo scrittore afferma, e il fatto che si avvalga dell'invenzione dei suoi romanzi per comporre pezzi giornalistici, cosa del resto legittima. Nel primo articolo García Márquez scrive di una notizia che gli fu data dall'amico Álvaro Cepeda Samudio poco prima di morire -quindi senza possibilità di riscontro-, alla quale corrisponde l'epilogo della vicenda narrata in Crónica de una muerte anunciada, vale a dire che Bayardo San Román era tornato anni dopo da Ángela Vicario e avevano vissuto insieme, «viejos y jodidos, pero felices»376. Era la soluzione che il narratore aveva cercato a lungo per la storia che da anni andava raccontando agli amici, senza trovare il modo idoneo per terminarla, colpito fin dalla giovinezza dal fatto tragico realmente accaduto:

No tuvo que decirme más para que yo comprendiera que había llegado al final de mi larga búsqueda.

Lo que esas dos frases querían decir era que un hombre que había repudiado a su esposa la noche misma de la boda había vuelto a vivir con ella al cabo de veintitrés años. Como consecuencia del repudio, un grande y muy querido amigo de mi juventud, señalado como autor de un agravio que nunca se probó, había sido muerto a cuchilladas en presencia de todo el pueblo por los hermanos de la joven repudiada. Se llamaba Santiago Nasar y era alegre y gallardo, y un miembro prominente de la comunidad árabe del lugar. Esto ocurrió poco antes de que yo supiera   —95→   qué iba a ser de mi vida, y sentí tanta urgencia de contarlo, que tal vez fue el acontecimiento que definió para siempre mi vocación de escritor377.



Un evento tragico, del quale García Márquez racconta nel romanzo con efficacia il profondo sconvolgimento determinato nel villaggio:

Durante años no pudimos hablar de otra cosa. Nuestra conducta diaria, dominada hasta entonces por tantos hábitos lineales, había empezado a girar de golpe en torno de una misma ansiedad común. Nos sorprendían los gallos del amanecer tratando de ordenar las numerosas casualidades encadenadas que habían hecho posible el absurdo, y era evidente que no lo hacíamos por un anhelo de esclarecer misterios, sino porque ninguno de nosotros podía seguir viviendo sin saber con exactitud cuál era el sitio y la misión que le había asignado la fatalidad378.



E' infatti la fatalità la grande protagonista della vita, l'unica e lo scrittore lo conferma in tutta la sua opera; tutti sottostanno al segno crudele della fatalità; l'esempio più convincente è proprio Santiago Nasar: aperto alla vita, ricco, pronto a incontrare, vestito di bianco, il vescovo in arrivo -il quale invece non si fermerà neppure nel porticciolo e passerà al largo, con un gesto meccanico benedicente, senza partecipazione-, non sarà capace, come del resto sua madre, sempre così abile interprete dei segni del destino, di comprendere il significato premonitore del suo sogno. Perché «Había soñado que atravesaba un bosque de higueros donde caía una llovizna tierna, y por un instante fue feliz en el sueño, pero al despertar se sintió por completo salpicado de cagada de pájaros»379.

Sotto il segno della fatalità operano anche i due fratelli vendicatori. Il romanzo pone in rilievo come essi avessero cercato affannosamente un pretesto per non dover compiere la vendetta; avevano proclamato, infatti, ai quattro venti la loro intenzione e con ogni probabilità sarebbero stati paghi solo che si fosse colto il loro atteggiamento feroce, sempre che non avessero avuto una madre implacabile che li spingeva al delitto e il terrore per la disistima della gente. In fondo, sembra di capire, non erano cattive persone ma, come spesso accade in questo tipo di gente, una volta lanciati sulla via del delitto la ferocia diviene terribile.

García Márquez si sofferma con particolare impegno sull'opera dei due assassini, per renderne appieno l'orrore; da esperto cronista illustra con abbondanza   —96→   di particolari «tremendisti» il crímine. Il passo della dichiarazione dei due assassini al giudice istruttore è significativo:

«Me asusté cuando le vi de frente -me dijo Pablo Vicario-, porque me pareció como dos veces más grande de lo que era». Santiago Nasar levantó la mano para parar el primer golpe de Pedro Vicario, que lo atacó por el flanco derecho con el cuchillo recto.

-¡Hijos de puta! -gritó.

El cuchillo le atravesó la palma de la mano derecha, y luego se le hundió hasta el fondo en el costado. Todos oyeron su grito de dolor.

-¡Ay mi madre!

Pedro Vicario volvió a retirar el cuchillo con su pulso fiero de matarife, y le asentó un segundo golpe casi en el mismo lugar. «Lo raro es que el cuchillo volvía a salir limpio», declaró Pedro Vicario al instructor. «Le había dado por lo menos tres veces y no había una gota de sangre». Santiago Nasar se torció con los brazos cruzados sobre el vientre después de la tercera cuchillada, soltó un quejido de becerro, y trató de darles la espalda. Pablo Vicario, que estaba a su izquierda con el cuchillo curro, le asestó entonces la única cuchillada en el lomo, y un chorro de sangre a alta presión le empapó la camisa. «Olía como él», me dijo. Tres veces herido de muerte, Santiago Nasar les dio otra vez el frente, y se apoyó de espaldas contra la puerta de su madre, sin la menor resistencia, como si sólo quisiera ayudar a que acabaran de matarlo por partes. «No volvió a gritar», dijo Pedro Vicario al instructor. «Al contrario: me pareció que se estaba riendo». Entonces ambos siguieron acuchillándolo contra la puerta, con golpes alternos y fáciles, flotando en el remanso deslumbrante que encontraron del otro lado del miedo380.



In una sorta di stordimento provocato dal delitto, gli assassini non sentono le grida di orrore della gente presente al fatto, spaventata «de su propio crimen»381, ma incapace di intervenire. Lo scrittore non manca di colpevolizzare gli abitanti del villaggio che, pur sapendo da tempo della minaccia incombente, non avevano fatto per evitarla. I due vendicatori proseguono, quindi, in una carneficina del tutto inutile, come fuori di sé, presi da una strana ebbrezza di distruzione:

«Me sentía como cuando uno va corriendo en un caballo», declaró Pablo Vicario. Pero ambos despertaron de pronto a la realidad, porque estaban exhaustos, y sin embargo, les parecía que Santiago Nasar no se iba a derrumbar nunca. «¡Mierda, primo -me dijo Pablo Vicario-, no te imaginas lo difícil que es matar a un hombre!». Tratando de acabar para siempre, Pedro Vicario le buscó el corazón, pero se lo buscó casi en la axila, donde lo tienen los cerdos. En realidad Santiago Nasar no caía porque ellos mismos lo estaban sosteniendo a cuchilladas contra la puerta.   —97→   Desesperado, Pablo Vicario le dio un tajo horizontal en el vientre, y los intestinos completos afloraron con una explosión. Pedro Vicario iba a hacer lo mismo, pero el pulso se le torció de horror, y le dio un tajo extraviado en el muslo. Santiago Nasar permaneció todavía un instante apoyado contra la puerta, hasta que vio sus propias vísceras al sol, limpias y azules y cayó de rodillas382.

Il Cela de La familia de Pascual Duarte o de El bonito crimen del carabinero appare del tutto superato dal tremendismo di García Márquez. Nelle pagine precedenti era stata ancor più raccapricciante, forse, la descrizione dell'inesperta autopsia praticata senza voglia, per ordine dell'alcalde, sul corpo dell'ucciso, dal parroco del villaggio, antico studente di medcicina, tanto che, paragonati i due momenti, «Los estragos de los cuchillos fueron apenas un principio de la autopsia inclemente que el padre Carmen Amador se vio obligado a hacer por ausencia del doctor Dionisio Iguarán»383. Lo stesso parroco, ritrovato anni dopo dal protagonista narrante in un ricovero per vecchi, così si esprimeva: «Fue como si hubiéramos vuelto a matarlo después de muerto»384.

«Fue una masacre»385, scrive García Márquez, il quale descrive con minuzia di cronista l'operazione del parroco in funzione di medico, non per compiacimento dell'orrore, ma per sollecitare un senso di profondo ripudio nel lettore. E' uno spoettacolo di rovina e di sangue, una sorta di spaventoso campo di battaglia, dove protagonisti sono l'inesperto prete e il corpo dell'ucciso; il finale è una sorta di trionfo della distruzione, contrasto efficace con l'immagine del giovane gagliardo quando in vita:

Nos devolvieron un cuerpo distinto. La mitad del cráneo había sido destrozada con la trepanación, y el rostro de galán que la muerte había preservado acabó de perder su identidad. Además, el párroco había arrancado de cuajo las vísceras destazadas, pero al final no supo qué hacer con ellas, y le impartió una bendición de rabia y las tiró en el balde de la basura. A los últimos curiosos asomados a las ventanas de la escuela se les acabó la curiosidad, el ayudante se desvaneció, y el coronel Lázaro Aponte, que había visto y causado tantas masacres de represión, terminó por ser vegetariano además de espiritista. El cascarón vacío, embutido de trapos y cal viva, y cosido a la machota con bramante basto y agujas de enfardear, estaba a punto de desbaratarse cuando lo pusimos en el ataúd de seda capitonada386.



Sembra che lo scrittore abbia voluto gareggiar, qui, con i più inquietanti trionfi della morte di tradizione ispanica, al fine di rendere, nell'estrema precarietà   —98→   della vita, la miseria umana. Saturo di tanti particolari raccapriccianti della criminale autopsia, il lettore coglie la dimensione della tragedia e in essa la misura della colpa di coloro che, per trascuratezza, indifferenza, viltà, rancore immotivato verso un giovane bello e ricco, o pura curiosità di vedere come sarebbero andate a finire le cose, non impedirono il verificarsi del delitto.

Il romanzo è ormai avvolto, dominato da questo clima di negrore e di sangue: neppure il felice ricomporsi della relazione tra Bayardo e la moglie ripudiata riesce a modificarlo. Se può essere vero, come García Márquez ha affermato, che «la honra es el amor»387, il libro rimane in realtà soprattutto un atto durissimo d'accusa contro l'irresponsabilità del prossimo e l'ingiustizia del destino. Nell'epilogo della loro avventura -annuncio vago del tema sviluppato nel successivo romanzo, El amor en tiempos del cólera-, i due riconciliati amanti rimangono sotto accusa, e non tanto l'insignificante Bayardo, che ritroviamo invecchiato, punito nella scomparsa avvenenza -«Estaba gordo y se le empezaba a caer el pelo, y ya necesitaba espejuelos para ver de cerca»388-, quando un mezzogiorno di agosto si presenta a casa della moglie ripudiata, con due valige, una delle quali contenente un iperbolico numero di lettere di Ángela, «casi dos mil», mai aperte, deciso a rimanervi per sempre, ma la donna, causa prima della morte di Santiago Nasar, padrona sì, ormai, del proprio destino, come sostiene il Crovetto389, che cambia la sua freddezza in amore ardente -«Me volví loca por él -me dijo-, loca de remate»390-, scoprendo che «el odio y el amor son pasiones recíprocas»391, sempre colpevole di aver sacrificato con la sua falsa denuncia la vita di un uomo innocente.

Nella fortuità del destino, la morte è la vera protagonista di Crónica de una muerte anunciada; essa stende su tutta la vicenda d'amore e di ripudio, di opere e di omissioni, un'ombra cupa. In questo breve romanzo, fondandosi su elementi correnti, la normalità di un villaggio sperduto sulle rive di un fiume anonimo, lo scrittore ha dato vita a un dramma grande, che richiama la tragedia greca: quello di un popolo che considera l'esistenza un gioco violento. La statura di Santiago Nasar ingigantisce, in quanto vittima sacrificale nello spettacolo di un mondo senza coraggio né principi. Di fronte a questo significato si dissolvono le perplessità del lettore a proposito di molti particolari che gli sembrerebbero poco accettabili, tra essi che l'assassinato, come lo hanno ormai ridotto i bestiali fratelli Vicario, abbia ancora la forza di girare intorno alla casa   —99→   materna per trovare un'altra porta aperta, reggendosi con le mani le viscere fuoriuscite. Spettacolo granguignolescamente del tutto improbabile, ma efficace.

Nel secondo articolo che conclude il «Cuento de cuentos», García Márquez offre un sua spiegazione, sottolineando con le casualità della vita -ad esempio, il bordello di María Alejandrina Cervantes trasformato in collegio di monache- gli aspetti variabili della realtà, tra esperienza ed evocazione. Quando si decise a scrivere il libro, lo fece situandosi nella medesima stanza che fu di Bayardo San Román; il suo impegno era di catturare «en caliente» la vita che stava vivendo, ma il risultato fu deludente: mano a mano che avanzava nella scrittura si era dovuto rendere conto che la «realidad inmediata» nulla aveva a che vedere con quella che cercava di scrivere e neppure con quella che ricordava. La confusione fu tale in lui che arrivò a chiedersi se la vita stessa non fosse «una invención de la memoria»392.

Crónica de una muerte anunciada è il frutto genuino di tale confusione, disorientamento felice, letterariamente, che rende ragione dell'irrazionalità dei fatti che qualificano il nostro esistere.



Anterior Indice Siguiente