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La poesia modernista

Giuseppe Bellini



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ArribaAbajoIntroduzione

Nell'ambito della poesia contemporanea di lingua spagnola il movimento di maggior portata, quello che più profonde e determinanti conseguenze ha avuto sul suo rinnovamento e sul progressivo e straordinario fiorire, sia in America che in Spagna, è stato senza dubbio il modernismo. La maggioranza della critica lo ha riconosciuto e ne sono testimonianza sicura gli innumerevoli studi che su questo movimento sono apparsi, anche se non sono mancate voci discordi o talvolta del tutto negative.

Il modernismo si può considerare ormai completamente concluso da tempo in tutti i suoi aspetti, anche se in alcuni poeti del Sudamerica sembra talvolta prolungarsi ancora, ed è da questa distanza focale che si può meglio coglierne la validità. Per questo, probabilmente, il ricorrere del primo cinquantenario dalla pubblicazione dei Cantos de vida y esperanza di Rubén Darío ha dato il via in questi ultimi tempi a un riesame totale del movimento nato in America, risollevando, di conseguenza, la polemica che sembrava ormai da qualche tempo sopita, delle relazioni, cioè, tra modernismo e «Generazione del '98 ».

La diversità dei punti di vista e delle conclusioni alle quali perviene ancor oggi la critica, se lascia generalmente immutati i termini della polemica e non giunge a definitive soluzioni, presenta, tuttavia, un lato sicuramente positivo, quello di aver dato all'argomento nuova attualità, nuova vita, di aver riproposto all'esame della nostra sensibilità una parte così notevole della produzione poetica dei due continenti.

E' per dare un'idea, per quanto possibile adeguata, della portata della poesia modernista che abbiamo intrapreso questo studio, con l'intenzione di presentare chiari alcuni momenti della nuova poesia, dal suo timido sorgere, al suo manifestarsi vigoroso nei vari poeti, con un costante carattere individuale che, pur su alcuni elementi comuni a tutti i modernisti, ha reso sempre impossibile la formazione di una scuola. Il che è stato, indubbiamente, fonte di maggiore bellezza nella varietà dei toni.

Il modernismo fu un movimento essenzialmente americano: per questo nella presente trattazione ci occupiamo in modo del tufo prevalente della poesia americana e dei Suoi principali esponenti.

La trattazione del tema che ci siamo proposti, di per sè tanto vasto, non presenta molto che non sia stato ancora studiato dalla critica. Tuttavia qualche punto ci sembra ancor oggi alquanto confuso: su questi punti ci siamo perciò soffermati, tentando di apportarvi il nostro contributo. Particolarmente lo si è fatto a proposito delle origini del movimento in America, aspetto spesso trascurato col fissare la nascita del modernismo ufficiale al 1888, anno in cui Darío pubblicò Azul, o talvolta troppo confusamente riempito di nomi, molti dei quali ci sono sembrati troppo distanti dalla nuova sensibilità modernista per poter vedere in essi dei precursori.

Un altro punto sul quale abbiamo voluto fissare particolarmente la nostra attenzione è quello degli «Iniziatori del modernismo», poeti nei quali, personalmente, non vediamo solo degli annunciatori generici del movimento, bensì dei modernisti completi, anche se con minori corde di Darío, a proposito del quale, poi, insìstiamo nel non considerarlo come il modernista per eccellenza, ma piuttosto come il rappresentante di un modernismo individuale, anche se senza dubbio fu il più notevole dei poeti modernisti.

Dei poeti che vivono contemporaneamente a Darío o che compaiono dopo di lui si è trattato brevemente di ognuno, e in particolare solo dei più significativi, data la lunga lista di nomi, mirando a mettere in rilievo l'elemento nuovo che portano nel modernismo, e il preannuncio in essi di nuove forme di poesia.

Infine, è stata nostra intenzione di tracciare una specie di bilancio del modernismo esaminato nelle sue qualità più profonde e nei suoi rapporti con la «Generazione del '98».

Benchè i due movimenti non possano confondersi, essi si presentano, tuttavia, come strettamente interdipendenti. In Spagna i poeti modernisti contemporanei a Darío furono lirici minori, ma il modernismo fu alla base della formazione spirituale e artistica dei maggiori esponenti della poesia spagnola moderna, da Juan Ramon Jiménez a Unamuno, a Valle-Inclán allo stesso Antonio Machado. Movimento sorto e sviluppatosi con evidenti caratteri americani, il modernismo esercitò una determinante influenza, sul rinnovamento di tutta la letteratura spagnola, che presto confluì e si determinò intorno alle istanze etiche della «Generazione del '98». Perciò possiamo affermare che il modernismo sta alla «Generazione del '98» come il parnassismo e il simbolismo stanno allo stesso modernismo.






ArribaAbajoCapitolo I

Il periodo di transizione


Il modernismo non sorse improvvisamente in America. Vi fu, come per ogni movimento, un periodo di transizione nel quale la nuova sensibilità incominciò timidamente a manifestarsi pur nel perdurare degli elementi caratteristici alle tendenze fino allora vigenti, e che a poco a poco finì per soverchiare completamente.

Il modernismo in letteratura significò un cambiamento di sensibilità, effettuato da una ristretta cerchia di spiriti sensibili, attenti alle necessità dell'anima, alle esigenze del cuore, contro un mondo positivista qual'era quello americano. Rappresentò la rivolta dello spirito contro la materia in nome della bellezza, fu l'espressione intima dell'Io indistruttibile, manifestazione di pure emozioni, di sentimenti raffinati trasformati in arte dalla bellezza della parola suggeritrice di musicali finezze, rifugio unico nel distacco da una società volgare alla quale il libero gioco della fantasia sostituì il simbolo.

Il sorgere del modernismo fu determinato da un graduale mutamento delle fonti d'ispirazione. Esausta la poesia ispanica1 si incominciarono a sentire le suggestioni di una nuova poesia che veniva di Francia, il parnassismo e il simbolismo, e a quella i poeti si rivolsero. Il fenomeno non era, poi, tanto nuovo né straordinario giacché sappiamo che la letteratura francese, dopo aver avuto parte determinante nella preparazione ideologica della guerra d'indipendenza, si era sostituita ormai alla Spagna nella formazione dei creoli, per naturale reazione contro la vecchia dominatrice. Il romanticismo ispano-americano è tutto perneato di elementi francesi, che risalgono a Chateaubriand, a Bernardin de Saint Pierre, a Victor Hugo. Indubbiamente si era trattato di un periodo non del tutto formativo, nel quale l'America visse la sua tappa di esotismo, incapace di trovare un'immediata ambientazione, una via propria, nella terra americana, nata com'era da così poco tempo a vita autonoma. E tuttavia si ebbero esiti positivi e di alto valore: basti pensare a María, il romanzo del colombiano Jorge Isaac. Il modernismo fu, però, il primo movimento veramente americano e valse a compiere l'ambientazione culturale della quale l'America abbisognava per nascere a vita originale nella cultura. A ragione il Mannello2 vi vede lo sforzo di tutta un'intellettualità tesa a dare all'America una voce sua propria, tale da rendere definitivamente connaturale la lingua ricevuta adulta ai tempi della Conquista3.

Di fronte a Parigi, Madrid divenne il centro di ogni conservatorismo. I modernisti se ne scostarono, quindi, almeno in un primo tempo; ben presto, infatti, essi sentirono come una missione quella di forzare le porte dell'ispanità, che ritornavano sacre alla comunione della razza, dopo l'assimilazione delle influenze culturali straniere, di fronte al profilarsi della minaccia del materialismo nordamericano.

Le frontiere culturali, cessata l'egemonia spagnola, si estesero (fenomeno che si ripeterà in Spagna con la Generazione del '98) e se i modernisti sentirono soprattutto l'influenza della lirica francese, attraverso questa pervennero ad altre fonti culturali europee e all'esotismo delle filosofie orientali. Nè furono estranei a diversi dei migliori poeti del modernismo alcuni lirici italiani, come il Carducci, il Pascoli e soprattutto D'Annunzio che dei «poeti maledetti» ebbe la suggestiva apparenza e fu il mago della parola e della nuova musicalità. Non per questi elementi extra-francesi, tuttavia, si può negare che il modernismo rappresenti un ulteriore «afrancesamiento» della letteratura ispanica, o almeno di quella americana. Federico de Onís lo ha negato affermando4 che ben presto il modernismo mostrò la propria originalità in una espressione totalmente nuova nella forma, nel vocabolario, nei temi e nel sentimento. Ma è indiscutibile un deciso «afrancesamiento», e non solo alle origini del movimento, inteso però non come piatta imitazione, bensì come fonte costante di rinnovamento e guida di sensibilità. L'originalità dei temi, della forma, del vocabolario, e gli apporti molteplici extrafrancesi sono innegabili, ma prendono sempre le mosse essentzialmente dalla poesia di Francia per giungere, attraverso disposizióni artistiche originali, a inserire l'apporto sudamericano nel concerto della nuovia cultura. La poesia francese fu quella che diede alla poesia americana rinnovata musicalità, acuita da una genuina e spontanea atmosfera di malinconia, di emozione e di sogno, propizia alle evasioni del reale. Il Parnasse insegnò ai modernisti il culto dell'arte per l'arte, della bellezza scultorea rivissuta in una Grecia ideale, dell'emozione contenuta. Il simbolismo fece, però, piegare ben presto verso di sé, e con maggiori risultati, la spontanea emotività sudamericana, offrendo ad essa le suggestive atmosfere che il simbolo creava, le musicalità e le emozioni spesso decadenti, l'esotismo propizio alla fuga nello spazio, il senso pittorico e corposo delle cose e delle sensazioni.

Emaux et camées, di Théophile Gautier, Les fleurs du mal di Baudelaire, i Poèmes barbares, di Leconte de Lisle, Les Trophées di José María de Heredia furono i testi poetici parnassiani che maggiore influenza esercitarono in un primo tempo sui modernisti, in uno con i versi di Sully Prudhomme, di François Coppée e di Catulle Mendès. Ad essi si aggiunsero presto i testi della scuola simbolista, dalle Fêtes galantes di Verlaine, ai versi di Rimbaud, di Mallarmé (così intimamente legato a Poe, altro suggestivo poeta per i modernisti), ai versi ancora di Villier de L'Isle-Adam e di Albert Samain. In intima fusione con la poesia entrava, quindi, anche la musica -la parola non era, del resto, altro che ricerca di musicalità-: Wagner, Schubert, Debussy.

L'assimilazione del mondo francese fu completa nei modernisti, ed è per questo che mi sembra inesatta l'affermazione dell'Onís5 il quale vede proprio nell'apparizione del modernismo la fine dell'influenza letteraria francese in America. Per ognuno dei modernisti, malgrado la molteplicità delle componenti letterarie e l'originalità degli orientamenti personali, la poesia francese resta il punto costante di riferimento, anche se non è il solo.

Nel periodo di transizione dal romanticismo al modernismo i poeti che incominciano a presentare una sensibilità nuova e un desiderio di più ampie atmosfere culturali sono artisti completi, anche se non grandissimi, ai quali nulla toglie l'essere vissuti in un'epoca di trasformazione. Spesso sono uomini d'azione, e bene rappresentano l'inquietudine del loro tempo, che non manca di riflettersi talvolta sulla poesia, nella quale presentano segni indubbi di una evoluzione graduale verso sensibilità rinnovate, i primi risultati di rivoluzioni metriche e di ricerche apertamente musicali che rivelano chiaramente i loro ampliati interessi.

La critica è ancor oggi discorde nello stabilire i nomi dei poeti che preannunciarono in America il modernismo. L'Onís nella sua Antología6 considera un gruppo numeroso di figure nel periodo di transizione dal romanticismo al modernismo. Di alcuni dei nomi da lui citati la grandezza appare oggi molto discutibile, mentre di altri bisogna avvertire che rappresentano già pienamente il modernismo, se per modernismo intendiamo non l'espressione resa ufficiale da Rubén Darío, che in tal caso vi sarebbe un solo modernista, lui stesso, ma lo stato di poesia sorto dall'influsso di molteplici correnti spirituali, prime fra tutte quelle determinate dal simbolismo.

In questo movimento confluiscono, infatti, vari e complessi elementi etico-spirituali che superano i limiti territoriali della Francia per estendersi alle esperienze e ai risultati della filosofia tedesca d'allora, non meno che alle correnti poetiche del resto d'Europa, ai preraffaelliti, alle correnti pittoriche, tra le quali l'impressionismo, al misticismo russo, al mondo letterario nordico e all'esotismo dell'Oriente7. Nel modernismo perdurano, inoltre, anche vari dei caratteri del romanticismo, tanto che l'Onís lo definì8 un romanticismo rinverdito. Per tal modo non ci sembra esatto porre tra i poeti di transizione dal romanticismo al modernismo i nomi di Juliàn del Casal, di Manuel Gutiérrez Nájera e, soprattutto, di José Asunción Silva solo perchè presentano anche elementi romantici. In questi poeti il cambiamento di sensibilità e di espressione è già completo, le loro forme metriche e musicali sono del tutto nuove e rivelano una concezione talmente moderna della poesia che li fa veri e propri modernisti9.

Pedro Henríquez Ureña, salvando dalla generale confusione i nomi dei tre poeti citati, mette in rilievo10, dal canto suo, che i veri iniziatori della nuova sensibilità furono Manuel González Prada e Zorrilla de San Martín, ai quali seguirono M. J. Othón, S. Díaz Mirón, e F. A. de Icaza in Messico, Almafuerte in Argentina e Deligne a Santo Domingo.

Riteniamo, però, che con l'elenco fornito dall'Onís, dall'Ureña e da altri critici non sia possibile concordare che parzialmente. Lasciando a un lato i poeti veramente «minori», dei quali appare superflua la trattazione, possiamo affermare che né Zorrilla de San Martín, né Manuel José Othón si possono ascrivere al «premodernismo». Zorrilla, anche se esperimentò visibili ansie di rinnovamento, rimane essenzialmente uno dei più notevoli poeti del romanticismo americano, che rappresenta compiutamente in ogni suo aspetto. La sua lirica, così perfetta nella sua unità, sarebbe ingiustamente svirtualizzata se la si facesse inclinare verso un clima da lui appena avvertito11.

Quanto all'Othón, egli fu, in realtà, tanto lontano dal modernismo da costituire nella nuova atmosfera determinatasi in Messico un'isola di puro classicismo. Talvolta, è vero, certa compostezza d'emozione di alcune sue liriche può far pensare a un influsso del Parnasse, ma è immediatamente percepibile in esse il fondamento classico, latino e ispanico, che le ispira. Maestri dell'Othón furono, infatti, Orazio e Virgilio e, tra gli spagnoli, Garcilaso e Fray Luis de Leon. Nel nuovo clima poetico la sua lirica non trovò possibilità di comunicazione, si andò anzi sempre più isolando, situandosi in un piano distante e solitario, e finì per rappresentare un netto taglio di concezione, d'ispirazione, di motivi, col suo tempo.

I maggiori poeti che rappresentano il periodo di transizione dal romanticismo al modernismo riteniamo siano Manuel González Prada, José Martí e Salvador Díaz Mirón. In ognuno di essi si nota chiaramente non l'avvertimento occasionale di qualcosa di nuovo, ma il bisogno impetuoso di più ampi panorami di spirito e di cultura, per i quali fonte prima diventano le letterature moderne, ma anche quelle orientali, senza ripudiare peraltro i classici e i grandi poeti spagnoli delle epoche passate al cui studio si rivolgono con serio impegno. Ne viene una nuova sensibilità, che si esprime attraverso nuovi mezzi tecnici, con innovazioni metriche ardite che vanno dai metri delle epoche passate della letteratura castigliana, alle nuove combibinazioni metriche di varia misura, ai metri esotici, giapponesi, cinesi, indiani, sulle orme dei Gautier e di Edmund Goncourt, in tutte le loro suggestioni cromatiche.

Da Manuel González Prada (1844-1918) sogliono iniziare le loro pagine varie antologie della poesia modernista. Non molto tempo fa il Vian iniziava ancora col suo nome l'elenco dei modernisti americani12. Il che conforta la nostra asserzione che il Prada sia veramente un esponente della transizione verso il modernismo. Senza alcun dubbio M. González Prada fu un modernista nell'ansia di rinnovamento che lo pervase, espressione di una crisi nazionale che tentò di arginare e di risolvere con irruenza demolitrice. E modernista fu per quel continuo vagare nella poesia straniera, alla ricerca di temi e di forme più consoni al suo temperamento.

Non si può dire, certo, di Prada che sia stato un grandissimo poeta, né un modernista completo, anche se nelle sue espressioni sono riscontrabili alcune affermazioni di sapore nettamente modernista, quale l'asserzione che è la forma che crea il valore del poema. Vian ha rilevato13, però, vari punti in contrasto col modernismo nelle enunciazioni di Prada, specie quando egli afferma che la poesia deve rifarsi al linguaggio comune, comprensibile per tutti, e deve esprimersi chiaramente, semplicemente, quando il modernismo, al contrario, professò sempre un culto aristocratico dell'espressione.

Del resto queste sono contraddizioni plausibili in un lirico che viene a trovarsi in un periodo di transizione: pur sentendosi attratto dal nuovo, egli non trova in sè la forza necessaria per abbandonare definitivamente il vecchio. Inoltre, la figura di questo insigne peruviano non fu prevalentemente quella di un artista, bensì quella di un riformatore rivoluzionario in campo politico. Se intendiamo, però, il modernismo come espressione di un momento acuto di crisi spirituale del secolo XIX, come afferma l'Onís14, e se con lui ammettiamo che questa crisi si manifesti anche nell'ordine politico, Manuel González Prada è modernista anche in grazia della sua attività extra-poetica, che del resto ha vivi riflessi nella sua opera. Ed è proprio contro la sua figura di riformatore che si è accanita in tutti i tempi gran parte della critica, nella quale González Prada ha trovato, oltre a giudici sereni e apologisti appassionati, ciechi detrattori anatemizzanti. Per taluni la sua opera assunse, infatti, le specie di quella di un Anticristo distruttore e fu perciò presentato come seminatore di perniciose discordie civili e di basse opinioni nel campo morale, attraverso il veicolo dell'arte. Si è giunti a negargli persino ogni valore come pensatore e a presentarlo come un vuoto parlatore, sfruttatore di bassi sentimenti, predicatore dell'odio per qualche segreta necessità di vendetta15. Nello slogan pradiano «Los viejos a la tumba, los jóvenes a la obra», si volle trovare la quintessenza della sua perfidia, il veleno dannoso alle generazioni future.

Da questa critica, che parte da posizioni rabbiosamente conservatrici, la figura di M. González Prada esce completamente falsata, travisata nelle intenzioni altissime dell'uomo. E' proprio su queste profonde intenzioni che mi sembra giusto fondare il il suo apporto umano alla storia del Perù e di tutta l'America spagnola, e su questi elementi fondiamo anche la sua sensibilità modernista, particolarmente su queir aver affermato, in un ambiente del più gretto conservatorismo, che sulla patria meschina dei monti e dei fiumi esiste la grande patria degli affetti e delle idee; gesto di «protervo modernismo» per taluni16, espressione invece di un bisogno essenziale di più ampia umanità.

Manuel González Prada fu uno degli uomini più nobili, per alto sentire e preoccupazioni umane, che il Perù abbia avuto. La sua attività, il suo pensiero, sono il riflesso e il prodotto di una profonda crisi storica nazionale, quella della guerra col Cile. Prada divenne un combattente agguerrito contro una realtà spirituale, sociale e politica di assoluta decadenza. La sua reazione e l'atmosfera in cui si determinò, presentano stretti punti di contatto con quelle della «Generazione del '98». Egli frugò a fondo nelle viscere della patria e ne mise a nudo senza falsi pudori le vergogne, pensando che solo in tal modo era possibile ricostruire il paese. Perciò il grido «Los viejos a la tumba, los jóvenes a la obra», che in sé rinserra un alto significato morale, fu il grido di rivolta allo stato di cose vigente, sprone ai giovani nelle cui mani vedeva la possibilità di ricostruire la patria. E poichè i mali stavano nella prepotenza sociale delle classi privilegiate, esercito, chiesa e oligarchia politica, è logico che Prada vi si scagliasse contro con violenza demolitrice. Lungi dal seminare la discordia e la lotta civile, egli risvegliò le coscienze nel tentativo di ristabilire in tutta la loro integrità i valori morali. In questo senso, anche se Prada e il suo partito, la «Union Nacional», non raggiunsero risultati definitivi la loro opera fu egualmente meritoria in quanto valse a riproporre vivi i problemi fondamentali della nazione.

Nella poesia, allo stesso modo che nella prosa17, anche se con minore effetto, González Prada, trasportò il fuoco della sua crociata. Le sue convinzioni sociali appaiono compiutamente in Libertarias (1904-1909), e la satira anticlericale in Presbiterianas (1909). Profondo conoscitore della letteratura germanica tradusse, tra altri poeti, Goethe, Schiller, Uhland, Heine, Chamisso, Von Platen, Koerner, e si avvicinò anche alla poesia del Parnasse. Per l'ansia di più ampi orizzonti letterari il Prada si riconferma un modernista in potenza, e tale fu quale innovatore di forme, oltre che di idee. La musicalità riposata della sua lirica viene in gran parte dal romanticismo, ma anche dai nuovi apporti stranieri. Il suo pessimismo si rivela essenzialmente romantico, ma il poeta lo esprime in forme nuove, in metri tratti dai poeti preferiti di tutte le letterature alle quali il suo spirito si aperse: rondel, triolet, ballata, pantum, stornello, laude, rispetto, sonetto, ecc.

In Minúsculas (1901) González Prada cantò l'amore con intonazione pacata, sullo stile di Bécquer, ma è in Exóticas (1911) dove maggiormente si rivela un'atmosfera che va verso il modernismo, visibile nella pluralità delle innovazioni metriche, che si ripete e si amplia in Trozos de vida (1918), l'ultima raccolta.

Quella di Manuel González Prada è una personalità estremente complessa. Nell'impossibilità di una netta definizione della sua arte, romantica o modernista, sta proprio il tramonto del romanticismo, e l'inizio di una nuova sensibilità che del romanticismo conserva elementi che ritiene validi18.

Se la figura di Prada rappresenta bene questo momento convulso di transizione dal romanticismo al modernismo, momento vitale di singolare importanza, la figura più grande di questo momento fu, senza dubbio, quella di José Martí (1853-1895), il grande patriota e letterato cubano, genuina «voz de América», come ha detto il Lizaso19.

In un'appassionata biografia dell'eroe dell'indipendenza cubana, A Hernández Catá affermava20, nel 1929, che la figura di Martí cresceva in statura giorno per giorno agli occhi di coloro che osservano la vita spirituale del mondo e realmente oggi egli è considerato l'uomo più rappresentativo d'America, il più completo, come uomo e come artista. Attore della propria vita proiettata nel più ampio quadro dell'umanià, egli si fa animatore di genti all'azione, apostolo di libertà, di onestà, di alta spiritualità che effonde liricamente nell'azione e negli scritti21.

Mistico del dovere l'ha definito il Lizaso22: tutta l'esistenza di Martí appare, infatti, dominata dal senso del dovere elevato a suprema categoria, visto soprattutto in funzione della patria, per lui sempre agonia e dovere.

Nonostante l'assoluta mancanza di tranquillità della sua esistenza José Martí ci ha lasciato un'opera letteraria di primo piano e di mole straordinaria. La sua prosa, negli infiniti articoli che scrisse per i molti giornali del Continente Americano, particolarmente per «La Nación», palpita di immediata passione e di umanità generosa. E ancora vi sono i prologhi a vari libri, i discorsi infiammati di patriottismo, che risuscitano una delle migliori prose emotive della lingua spagnola, in uno stile armonioso e infuocato.

Martí fu essenzialmente poeta, nella poesia, nella prosa, e in ogni momento della sua vita. In versi lasciò, però, un'opera di breve mole, che il cumulo enorme della produzione in prosa relegò per molto tempo, ingiustamente, a un rango secondario. E' particolarmente in questi versi dove è possibile avvertire il preannuncio di un'atmosfera nuova, che lascia a un lato il romanticismo, del quale perdura, tuttavia, il ricordo sentimentale, per avvicinarsi al modernismo «ante-litteram», alla ricerca di una musicalità difficile e rara, testimoniando uno straordinario ampliamento di orizzonti spirituali. Questo ampliamento si avvantaggia, in particolare, secondo l'Onís23, della conoscenza delle letterature inglese e americana, ma anche di quella francese: Hugo, Prudhomme, Baudelaire, Mendès ed altri poeti ancora, furono infatti da lui conosciuti e apprezzati.

Nel prologo al libro Versos sencillos (1891) Martí fa aperta professione di modernismo quando afferma di amare le sonorità difficili, il verso scultoreo, «vibrante como la porcelana, volador como un ave, ardiente y arrollador como una lengua de lava». Ma se la poesia moderna lo attraeva, non dimenticò il fondamento classico ispanico. Solamente intendendo il modernismo di Martí come un anelito a più ampie frontiere culturali, a una più misurata concezione poetica, a una più raffinata armonia versificatrice, è possibile considerarlo come un vero e proprio «precursore» del modernismo nell'epoca di transizione.

Attraverso la sua lirica risalta una costante sincerità: Martí proclama ad alta voce la sua concezione della poesia quale sfogo spontaneo e necessario dell'anima, non esercitazione letteraria24. Spontaneità e dominio della forma dànno leggerezza e misura al suo verso, una misura che è, al tempo stesso, classica e moderna, e che nell'emozione che riflette ha un inconfondibile tono romantico, espresso in moduli nuovi. Si veda con quale maestria Martí usa i metri più diversi, tenendosi lontano da ogni virtuosismo, e con quanta spontaneità egli riesce a ricreare uno stato d'animo, a dare un'emozione che non è per altri, ma solamente sfogo personale. Basterebbe osservare con quanta malinconia, spontaneità e misura egli ricrea in La niña de Guatemala un episodio doloroso d'amore della propria vita. Questa breve composizione ha l'incanto del «romance», delle antiche ballate, e ancor oggi conserva tutta la sua emozione raccolta, resa più viva dal volontario distacco del poeta, da quell'alternarsi del tempo che si sposta continuamente dal ricordo del passato alla dolorosa realtà presente. Vi è in essa sincerità, dominio della forma. Il sentimento è antico quanto il mondo, ma presentato in forme misurate e nuove, con una tecnica del tutto spontanea, saggiamente usata25. Molte composizioni precedenti a La niña de Guatemala rivelano elementi modernisti mescolati curiosamente ad elementi barocchi. Anche in Ismaelillo (1882) molte composizioni presentano atmosfere care al modernismo. Si vedano Príncipe enano e Mi caballero e, in La Edad de Oro (1889), la lirica Los zapaticos de Rosa, composizioni nelle quali si ricreano in un alone di nostalgia per i tempi felici della giovinezza, atmosfere di leggenda infantile, tipiche poi del modernismo americano, con versi brevi, estremamente agili. E ancora vale la pena di accennare, tra le migliori composizioni di colore, a quel quadro insuperabile de La bailarina española, in cui il verso trascina, la strofa è tutta colore e movimento, il quadro è nuovo, pieno di vita, lontano da ricordi romantici, teso alla rappresentazione di un alto momento di vitalità e di bellezza, in cui s'insinua, non forzato, ma logicamente espresso, un sentimento più alto, quello di un irriducibile patriottismo.

Nel senso di questa novità José Martí è moderno, più che per tutti gli elementi materiali che del modernismo si possono trovare nelle sue liriche. Ed è moderno anche per una superiore serenità di concezioni: nella sua lirica non trasporta mai visibilmente la profonda passione civile che domina tutta la sua vita, supera, anzi, l'episodio contingente per trovare superiori punti d'unione anche col nemico contro il quale combatte. Perciò la sua poesia, al contrario di quella romantica, non vibra di corali elementi civili, ma solo della emozione sottile del ricordo, nel quale il contingente pare sfumare. Si leggano i versi di Aragón. Quivi è l'espressione di una fraternità sinceramente sentita:


Para Aragón, en España,
tengo yo en mi corazón
un lugar todo Aragón,
franco, fiero, fiel, sin saña.



Nell'Aragona storica Martí vedeva certamente lo specchio di quella che era la situazione cubana, la stessa fierezza contro l'oppressione e il sopruso; e vedeva anche la terra che l'aveva accolto benigna durante l'esilio ispanico. In nome di tutto questo sorge in lui un profondo sentimento di fraternità. Più tardi, il modernismo esprimerà compiutamente in più d'uno dei suoi rappresentanti questo stesso sentimento.

Una delle doti maggiori di Martí fu la riconoscenza, la fedeltà all'amicizia. In tal modo si spiega l'entusiasmo che dimostrò sempre per i paesi che l'accolsero ramingo, in particolare per il Messico. Il senso di un'ispanità operante si andò, così, diffondendo e ampliando. In nome di questa ispanità scompariva nel poeta qualsiasi forma di risentimento:



   Cultivo una rosa blanca,
en julio como en enero,
para el amigo sincero
que me da su mano franca.

   Y para el cruel que me arranca
el corazón con que vivo,
cardo ni ortiga cultivo:
cultivo la rosa blanca26.



Per questa bontà e serenità, tutta la lirica del poeta cubano acquista un tono dolce e soave, lontano dalla violenza oratoria che qualcuno vi ha voluto trovare27. Questo suo sapersi elevare da un'atmosfera di battaglia a un'atmosfera di puri sentimenti è indubitabile che presenta in Martí molta modernità. Egli si libera da ogni atteggiamento tribunizio di marca ottocentesca. Moderno è quel suo rifuggire l'oratorietà del verso, quel ricercare una musica più difficile e raffinata ricorrendo a metri nuovi.

In questi accenti, insoliti fino allora, più ancora che nelle innovazioni metriche vere e proprie, sta il modernismo di José Martí. In questo, e nella rottura definitiva dei legami con un romanticismo retorico, nell'allargamento istintivo degli orizzonti culturali, nell'accostamento alle nuove fonti poetiche extra-ispaniche, si fonda il nostro giudizio che ci permette di situare il poeta, allo stesso modo di Manuel González Prada, in un periodo intermedio tra il definitivo tramonto romantico e l'alba modernista. Entrambi rappresentano una transizione, e non mi sembra di doverli escludere dal clima modernista perchè si interessano, nella vita attiva, a problemi di indole politico-sociale28. Altri poeti modernisti vi si interessano ugualmente e non per questo cessano di essere modernisti. Coloro che parlano di un secondo momento «americano», inteso come più serio e preoccupato, del modernismo, che segue al primo momento estetizzante, mi sembra che dovrebbero tenere in conto che proprio il primo annuncio del modernismo fu caratterizzato da un americanismo d'azione che non fu mero motivo folcloristico. Vita e poesia, pensiero e azione si sposano, qui, nella stessa persona, in sintesi perfetta, come risultato di una crisi di ordine spirituale ed estetico.

Per quanto riguarda il messicano Salvador Díaz-Mirón (1853-1928) la sua personalità appare per qualche aspetto sconcertante. Ancora non è molto il Capdevila propendeva per considerarlo esclusivamente come un poeta romantico29. Il suo romanticismo è confermato anche da molte circostanze esteriori della sua vita, agitata, spericolata, egolatrica ed enfatica.

Dal canto suo Federico de Onís afferma che la poesia di Díaz-Mirón non è nè parnassiana, nè modernista, anche se presenta con questi due movimenti punti di apparente somiglianza. L'Onís considera la perfezione del verso del poeta in Lascas frutto di lima e di retorica, e gli appare manierata e disumana, così che l'accosta al concettismo e al culteranesimo del secolo XVII, pur riscontrandovi anticipazioni della reazione postmodernista30.

Diremo che nei due volumi di versi che di Salvador Díaz Mirón conosciamo, Poesías (1896) e Lascas (1901), è rappresentata la duplice fisionomia della sua musa. Victor Hugo e Byron furono gli ispiratori del primo momento, che risultò enfatico, in più di un caso prosastico e altisonante, documento di un romanticismo superficiale e vuoto. In Poesías la lirica risente il forzato tormento dell'idea ed è tiranneggiata da ideali di rivolta politico-sociale che il poeta non riesce a fondere in vera poesia e che perdono di validità. Ma d'improvviso Salvador Díaz-Mirón abbandona il romanticismo, entra decisamente nell'atmosfera modernista, portando allo sviluppo del movimento un contributo che la critica ha riconosciuto decisivo31 e che non fu senza notevoli conseguenze dirette sui maestri del modernismo, incluso lo stesso Darío.

Abbandonati gli ideali seguiti fino allora, il poeta ripudia le sue Poesías e si dedica tutto a forme di un lirismo nuovo, castigato, prezioso, che è stato avvicinato nei suoi risultati a Góngora32. Lascas raccoglie questa nuova poesia, l'unica valida, perchè solamente per essa Díaz-Mirón occupa un posto di notevole importanza nelle lettere americane. Quivi diventa misurato poeta, tenero, persino, delicato e calmo, sereno, di una serenità che viene da un più armonioso dominio delle proprie irruenti passioni. E' nella ricerca di una sempre maggiore perfezione formale che la sua lirica si aggira nel campo delle influenze tra i parnassiani, pur persistendo in uno sdegnoso isolamento. Se il poeta messicano non entra totalmente nel movimento modernista contribuisce, però, alla sua definizione presentando vari dei caratteri che gli saranno propri, tra questi una sempre più esatta disciplina poetica33.

Con i tre poeti studiati il romanticismo si può dire giunto definitivamente ai suoi ultimi bagliori, mentre sempre più viva si fa le presenza di un orientamento totalmente nuovo nella poesia. Con Nájera, con Casal e con Silva il modernismo prenderà, infatti, forma definitiva, anche se non raggiungerà la sua pienezza, la sua completa maturità, alla quale, tuttavia, chiaramente si avvia.



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