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1.       Esattamente il 13 novembre la prima parte e il 16 novembre la seconda.

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2.       Soprattutto Goethe (vedi F. MEREGALLI, «Johann Wolfang Goethe y La hija del aire de Calderón, 1822», in Segismundo, XII, 1-2, n. 23-24, (1976), 169-171. Importanti gli studi di M. KOMMERELL, «Calderón Ubertragungen ans La hija del aire», in Romanische Forschungen, 55 (1941), 105-112, di W. BRUGGEMANN, Spanische Theater und deutsche Romantik, Münster, 1964 e di S. L. HARDY, Goethe, Calderón und die romantische Theorie des Dramas, Heidelberg, 1965.

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3.       M. MENÉNDEZ PELAYO, Calderón y su teatro, Madrid, 1881 e in Estudios y discursos de crítica histórica y literaria, Madrid, 1941, III, 87-303.

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4.       J. BERGAMÍN, Mangas y capirotes, Madrid, 1933, 187-193.

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5.       S. MONTERO DÍAZ, «Notas sobre La hija del aire», in Las Ciencias, III, 1 (1936), 175-187.

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6.       A. VALBUENA PRAT, Calderón. Su personalidad, su arte dramático, su estilo y sus obras, Barcelona, 1941. Il giudizio su La hija del aire si ritrova, sintetizzato, in Historia de la Literatura española, 19575, II, 555-556.

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7.       A. VALBUENA BRIONES, Ensayo sobre la Obra de Calderón, Madrid, 1958; Id. Nota preliminar a La hija del aire nell'ed. delle Obras Completas di Calderón, Madrid, 1966, I, p. 1003 sgg.

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8.       A. A. PARKER, «Towards a Definition of Calderonian Tragedy», in Bulletin of Hispanic Studies, XXIX (1962), 222-237 (in particolare p. 226), giudizio confermato nel 1973 nella voce «Calderón» dell'Enciclopedia Britannica.

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9.       G. EDWARDS, «Calderon's La hija del aire in the Light of his Source's», in Bulletin of Hispanic Studies, 43 (1966), 177-196 e «Calderon's La hija del aire and the Classical Type of Tragedy», in Bulletin of Hispanic Studies, 44 (1967), 161-194.

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10.       CALDERÓN de la BARCA, La hija del aire, ed. critica con intr. y notas de G. EDWARDS, London, 1970. Si può anche consultare dello stesso autore, The Prison and the Labyrinth. Studies in Calderonian Tragedy, Cardiff, 1978, ove il II cap. è dedicato a La hija del aire.

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11.       La prima rappresentazione avvenne a Siviglia, poi in altre città spagnole per approdare al Festival di Almagro e infine a Madrid.

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12.       In Primer Acto, n. 190-191 (1981), 21-145 e in IV Jornadas del Festival di Almagro (1981), 135-224.

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13.       Già l'opera era stata presentata come tragedia da F. RUIZ RAMÓN in CALDERÓN, Tragedias, Madrid, 1967 e succ. Ed., tomo I e poi, separatamente, P. CALDERÓN de la BARCA, La hija del aire, Madrid, 1987. Di F. RUIZ RAMÓN vedi anche «Sobre la adaptación del texto clásico La hija del aire de Calderón», in Proceedings of the Second Annual Golden Age Spanish Drama Symposium. Texto y Espectáculo, ed. RICHARD FORD, El Paso, 1983, 116-126; Calderón y la tragedia, Madrid, 1984; «Personaje y mito en el teatro clásico español», in Studies in Honor of William C. McCrary, Society of Spanish and Spanish-American Studies, Lincoln, 177-193; Paradigmas del teatro clásico español, Madrid, 1997 (in particolare pp. 233-263).

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14.       Sul tema, J. M. LASAGABASTER, «Adaptación de los textos dramáticos a la luz de la estética de la recepción. Aplicación a La hija del aire de Calderón», in Calderón, Actas del Congreso Internacional sobre Calderón y el teatro español del Siglo de Oro (1981), Madrid, 1983, III, 1603-1620.

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15.       In Italia esiste una pregevole tradizione di studi calderoniani. Si possono consultare Calderón In Italia. Studi e ricerche a cura di G. MANCINI, Pisa, 1955 e la recente sintesi di G. GRILLI, «Nueva lectura del calderonismo italiano», in Anthropos, extra I (1997), 162-169. Ricorderò i contributi più specifici su La hija del aire, in La Critica, XLI (1943), 137-188 e in Letture di poeti, Bari, 1950, 25-44; V. BODINI, Segni e simboli in «La vida es sueño», Bari, 1968 (particolarmente 15-28, 80-108 e 168-171); E. CINGANO, «Annotazioni su La hija del aire di Don Pedro Calderón de la Barca», in Filologia Moderna, I (1976), 103-142; G. CHIAPPINI, «La parola e il silenzio, la visione e le tenebre della cecità nei personaggi de La hija del aire (I parte) di Pedro Calderón della Barca», in Colloquium Calderonianum, L'Aquila (1983), 195-237 e «Estética, retórica y técnicas de la pintura verbal: el retrato de La hija del aire de Calderón», in Philologica (Homenaje a R. Senabre), Cáceres, 1996, 129-147. Infine ricordo la lunga attenzione al testo calderoniano di F. MEREGALLI, Calderón de la Barca, Milano, 1946. Antologia calderoniana, Milano, 1947; «La figlia dell'aria», in Nuova Antologia, n. 2095 (1975), 363-371; «Nuove tendenze della critica calderoniana», in Annali dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, sez. romanza, XIX (1977), 157-179; e Introduzione a Calderón de la Barca, Bari, 1993.

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16.       Vedi il saggio dell'Edwards cit. alla nota 9.

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17.       La tragedia La gran Semíramis fu pubblicata nel volume Obras Trágicas y Líricas del capitán Cristóbal de Virués, Madrid 1609 ma la sua composizione risale all'età giovanile del poeta, probabilmente attorno al 1580. Si può ora anche leggere in Teatro clásico en Valencia, Madrid, 1997, I, 73-141.

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18.       Su La gran Semíramis, vedi C. V. SARGENT, A Study of the Dramatic Works of Cristóbal de Virués, New York, 1930, 53-75. J. G. WEIGER, The Valencian Dramatist of Spanish Golden Age, Boston, 1978, 35-39; Cristóbal de Virués, Boston, 1978, 71-81; A. HERMENEGILDO, La tragedia en el Renacimiento español, Barcelona, 1973, 218-233; «La responsabilidad del tirano: Virués y Calderón frente a la leyenda de Semíramis», in Calderón, Actas del Congreso Internacional sobre Calderón y el teatro español del Siglo de Oro, Madrid, 1983, 897-911; «La semiosis del poder y la tragedia del siglo XVI: Cristóbal de Virués», in Crítica Hispánica, XVI (1994), 11-30. J. LL. SIRERA, «La tragedia valenciana del Quinientos», in Teatro y prácticas escénicas, II, La Comedia, London, 1986 (in particolare pp. 87-89); «Cristóbal de Virués y su visión del poder», in Mito e realtà del potere nel teatro: dall'antichità classica al Rinascimento, Roma, 1988, 275-300; J. CRAPOTTA, «The Unity of La gran Semíramis», in Creation and Re-Creation, Studies in honor Stephen Gilman, Newark, Delware, 1983, 49-60; R. SERRANO DEZA, «De la tragedia renacentista a la tragedia barroca: la Semíramis de Virués y Calderón», in El escritor y la escena, IV, Ciudad Juárez, 1995, 69-75.

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19.       L'italiana, molto vicina nel tempo di composizione, alla tragedia di Virués è la Semíramis di MUTIO MANFREDI, stampata a Bergamo nel 1593 ma sicuramente già composta nel 1583 (vedi M. MANFREDI, Lettere brevissime, p. 293). La tragedia che risente del teatro giraldiano (e quindi del gusto senecano) si può riassumere così: Semiramide s'invaghisce del figlio Nino ma quando scopre ch'egli è segretamente sposo di Dirce e padre di due fanciulli, uccide i due figli in presenza della madre e poi la madre stessa. Nino in sogno vede il padre che gli chiede di vendicarlo perch'egli pure era stato assassinato. Nino quando apprende che Dirce era sua sorella perché anch'essa figlia di Semiramide, uccide la madre. Poi, sconvolto, con un colpo di pugnale, si suicida.

     Le due tragedie francesi rappresentate nel 1647 sono la Semiramis di Gabriel Gilbert (1620-1680 Ca.) e La véritable Sémiramis del contemporaneo Desfontaines. Vedi M. McGAHA, «The Autorship and Interpretation of the Second Part of La hija del aire», in Texto y Espectáculo, Symposium of Spanish Golden Age Theater, El Paso, 1989, 137-148 che studia le due opere riconducendone il contenuto a una polemica politica incentrata sulla figura d'Anna d'Austria, difesa da Gilbert come ottima regina e perfetta sposa che vendica Menone, ma rappresentata da Desfontaines come un mostro d'ambizione e libidine. Per il McGAHA questa seconda tragedia avrebbe ispirato la II parte de La hija del aire, attribuita nell'ed. del 1650 a Enrique Gómez. Ma tale attribuzione precedentemente sostenuta da C. H. ROSE, «¿Quién escribió la 'Segunda Parte' de La hija del aire ¿Calderón o Enrique Gómez?», in Actas Calderón, cit., Madrid, 1983, 603-615 è stata confutata da S. H. LIPMANN, «The Duality and Delusion of Calderón's Semíramis», in Bulletin of Hispanic Studies, LIX (1982), 42-57 e da Don W. CRUICKSHANG, «The Second Part of La hija del aire» in Bulletin of Hispanic Studies, LXII (1984), 286-294, nonché da F. RUIZ RAMÓN, La hija del aire, Madrid, 1987, p. 32 e, ultimamente da J. B. WOOLDRIDGE, «The Segunda Parte of La hija del aire is Calderon's», in Bulletin of the Comediantes, 47 (1995), 73-94.

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20.       Il re di Ninive, Nino, riceve con solennità un ospite straniero che si qualifica come principe di Tartaria, accompagnato dalla sorella Luna. Il nome del principe è Lucero (sinonimo di Lucifero) e cioè è il diavolo. Da questi nasce il consiglio a Nino, desideroso di sposare la propria sorella Semíramis di promulgare una legge che permetta il matrimonio fra parenti e la poligamia. Del resto egli stesso ha sposato la propria sorella Luna. Il fine nascosto di Lucero è quello di ridurre la corte di Ninive, attraverso l'abuso del vizio, alla rovina. Il vizio dilaga, Nino tresca con Luna e Semiramide con Lucero. Ma ecco che appare il profeta Jonas che, scampato alla sua avventura marina, e ispirato da Dio, ammonisce i peccatori e minaccia la distruzione di Ninive. Seguono nuovi episodi di gelosie e minacce incrociate di morte ma quando sembra sia tornata la tranquillità a corte riappare Jonas a rinnovare il messaggio celeste: allora Nino e Semiramide si pentono e Lucero e Luna spofendano. Nine è salva.

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21.       A. REGALADO, Los orígenes de la modernidad en la España del Siglo de Oro, Barcelona, 1995, 1, p. 911.

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22.       Si leggano le interessanti considerazioni sul problema in E. T. HOWE, «Fate and Providence in Calderón de la Barca», in Bulletin of the Comediantes, XXIX (1977), 103-117.

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23.       Vedi M. McKENRICK, Woman and Society in the Spanish Drama of the Golden Age, Cambridge, 1974 (specie pp. 203-207); S. HERNÁNDEZ ARAICO, «La Semíramis calderoniana como compendio de estereotipos femeninos», in Iberomania 22 (1985), 29-39; S. FISHER, «Text and Context. A twenthieth Century View Calderon's La hija del aire», in Studies in Honor of William Mc Crary, Lincoln, 1986, 137-149.

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24.       Solo al gracioso Chato è concesso di pronunciare giudizi che nella loro grossolana semplicità appaiono vicini al vero. Di Semíramis coglie l'orgoglioso procedere: «¡Qué tiesa va / apenas volvió la cara... Ah, tontilla, que no en vano / hija del viento te llamas!» (I, 2, 2106-2109). Ancora: «¡Esta altiva, esta arrogante / hija de su vanidad!» (II, 1, 705-706).: «...esta loca queda / hecha Reina» (I, 3, 3342-3343). Nel finale, Chato unico che assiste alla morte di Semíramis nelle vesti di Ninias, ravvisa con lucidità il suo delirio: «Sin duda que ve fantasmas éste que se está muriendo» (II, 3, 3274-3275).

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25.       Pertinenti le osservazioni al riguardo di A. HERMENEGILDO, «La responsabilidad del tirano: Virués y Calderónf rente a la leyenda de Semíramis», in Calderón, Actas del Congreso Internacional sobre Calderón, cit. Madrid, 1983, 897-911.

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26.       P. S. PALLAVICINO, Del bene, Roma, 1644. Ho consultato l'ed. di Silvestri, Milano, 1831, 1, III, XLIX, p. 40.

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27.       Anche García Lorca nella sua adaptación di Fuente Ovejuna di Lope de Vega, eliminò il finale originale (con l'intervento del Re depositario della giustizia), poiché voleva far terminare il dramma con il motivo della giustizia popolare. Legittima moderna interpretazione di un classico per spettatori del nostro tempo, come quella di Ruiz Ramón e del regista Pasqual nella rappresentazione de La hija del aire di Almagro del 1981 che facendo terminare il dramma con la morte di Semíramis, toglieva le scene del ristabilimento dell'ordine esaltando il senso tragico dell'opera. Gli autentici testi però e le coeve rappresentazioni relative restano per gli studiosi del teatro spagnolo quelle di Lope de Vega e di Calderón.

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28.       Mi sembra il caso del personaggio di Menón, dipinto da Calderón come fedele «valido» del Re Nino e fedele innamorato di Semiramide che egli ha sottato alla prigionia e poi promesso di sposare. C'è qualcosa di eroico nella fedeltà di Menón verso il suo re al quale però trova la forza di non obbedire quando questi esige che gli ceda Semíramis, perché la sua coscienza morale obbedisce sopra ogni altra cosa alla giustizia. Pagherà con l'atroce cecità questa sua coerenza morale; ma è anche fedele a Semíramis che lo ha deluso ma egli non cessa di amare.

     Vive la propria tragedia fino in fondo, interiormente, come appare nell'intimo monologo del sonetto dell'atto terzo della prima parte che così inizia: «Vivo o muerto? Cierto es que si viviera / este dolor, sin duda me matara...» (I, 3, 2802-2815). Ma quando assiste all'incoronazione di Semíramis ed arriva, nella sua tormentata passione, a generosamente applaudire (ed è motivo che accresce la tonalità tragica), improvvisamente Calderón ricorre all'elemento favolistico: una forza misteriosa, nella commozione degli elementi naturali, fa pronunciare a Menón, una terribile predizione di disastri e morti rivolta a Nino e Semíramis (I, 3, 3277-3311). Sapremo, solo più tardi, in una fuggevole annotazione che Menón s'è suicidato: ...«desesperado / o con rabia o con despecho, al Éufrate le pidió / su rápido monumento» (II, 1, 129-132).

     Anche il personaggio del re Nino, inizialmente forte e giusto ma poi travolto da una passione che non sa governare, aveva notevoli possibilità di uno sviluppo tragico ma non c'è svolgimento drammatico in questo senso. Morirà avvelenato ma ciò non fa parte del dramma, è una notizia che apprenderemo nella seconda parte, indirettamente e di sfuggita.

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29.       Sull'importanza e il valore dell'immaginazione nella protagonista, vedi DANIEL de W. ROGERS, «La imaginación de Semíramis», in Hacia Calderón, II Coloquio angloamericano, Berlin, 1973, 171-179.

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30.       P. CROCE, op. cit., p. 34.

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31.       Vogliamo qui sottolineare un solo esempio di inusitata virtuosità ma non privo di lirismo: il ritratto verbale di Semíramis che Menón fa al re Nino nell'atto secondo della prima parte (vv. 1421-1549) che il Croce giudicò «pomposa prosopografia» e il Ruiz Ramón «el más típico ejemplo del barroquismo calderoniano» ma che indubbiamente costituisce una delle più tese, ardite, acute manifestazioni della poesia barocca. Per un'analisi del «ritratto» vedi G. CHIAPPINI, «Estética, retórica y técnicas de la pintura verbal: el 'retrato' de La hija del aire de Calderón», in Philologica, homenaje al Profesor Ricardo Senabre, 1996, 129-147.

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32.       A. FARINELLI, «Wagner e Calderón», in Nuova Antologia, CCCLXXI (1934), 193-212. S. NEUMEISTER, «Wagner und Calderón», in M. Rössner u. B. Wagner, Aufstie und Krise der Vernunft, Wien, 1984, 253-267.

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33.       H. W. HILBORN, «Calderon's quintillas», in Hispanic Review, XVI (1948), p. 303; G. EDWARDS, ed. crit. de La hija del aire, cit. p. XXIII; D. W. CRUICKSHANK, «The second part of La hija del aire», in Bulletin of Hispanic Studies, LXI (1984), p. 292; R. RUIZ RAMÓN, ed. La hija del aire, Madrid, 1987, p. 50.

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34.       Si possono consultare due opere recenti su questi drammi: ed. de La fiera, el rayo y la piedra di A. EGIDO, Madrid, 1989 e L. GENTILI, Mito e spettacolo nel teatro cortigiano di Calderón de la Barca. Fortunas de Andromeda y Perseo, Roma, 1991.

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